Sabato scorso, intervenendo al Forum delle Associazioni Familiari, papa Francesco ha consegnato un discorso richiamando agli italiani – parlava proprio ad un’associazione italiana questa volta – la necessità della crescita della natalità in un Paese che da tempo è in coda alle classifiche di tutto il mondo nella percentuale della fecondità. “È un autentico paradosso – ha detto il Papa – che la nascita dei figli , ovvero il più grande investimento per un Paese e la prima condizione della sua prosperità futura, rappresenti spesso per le famiglie una causa di povertà, a motivo dello scarso sostegno che ricevono o dell’inefficienza di tanti servizi”.

Negli stessi giorni, l’Istat ha diffuso il bilancio demografico nazionale, relativo al 2017. Secondo i dati diffusi dall’istituto, L’Italia si conferma il Paese con il più basso tasso di natalità al mondo, secondo solo al Giappone. Nel 2017, per il terzo anno consecutivo, i nati sono stati meno di mezzo milione (458.151, 15mila in meno rispetto al 2016), 68mila dei quali stranieri (il 14,8% del totale, anch’essi però in diminuzione). Il numero di decessi è stato di quasi 650mila, dunque con un saldo negativo di quasi 200mila persone. Si tratta del nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia ad oggi.
In Italia, dunque, diminuisce la popolazione. Ci potrebbe perfino essere chi esulta di fronte a questa previsione: la ricchezza del nostro Paese sarà da spartire in meno fette. Aumenta la vita delle persone. E poi? Poi aumenterà – o già aumenta – il numero delle pensioni, mentre i giovani in età lavorative saranno – o già sono – in diminuzione. E non sembra giusto che i figli sostengano persone che non hanno voluto avere figli.

Continuava il Papa, nel suo discorso a braccio: “Una volta ho incontrato due sposi da dieci anni, senza figli. È molto delicato parlare di questo, perché tante volte i figli si vogliono ma non vengono, non è vero? Io non sapevo come gestire l’argomento. Poi ho saputo che loro non volevano figli. Ma queste persone a casa avevano tre cani, due gatti… È bello avere un cane, un gatto, è bello… Oppure quando a volte senti che ti dicono: “Sì, sì, ma noi i figli ancora no perché dobbiamo comprare una casa in campagna, poi fare viaggi…”. I figli sono il dono più grande”. L’amara constatazione è che avere figli costituisca per le famiglie un impoverimento: ed è verissimo, almeno nei brevi periodi. Si può decidere di rimanere sposi – quando lo si diventa – e di non diventare genitori anche perché non si vuole rinunciare a qualche sfizio. Salvo poi lamentarsi, quando l’età avanza, perché non c’è un figlio che decida di prendersi cura del papà o della mamma.

Ma c’è soprattutto una ragione, che supera tutte le altre, nel rifiuto di avere figli. È la paura del futuro.
Un bambino è sempre una scommessa sul domani, sfida all’avvenire. Ci sono alcune frasi che dicono più di un’enciclopedia. Una di queste è quando gli sposi si chiedono perché occorra dare la vita ad altri infelici; dove quel altri ben sintetizza la loro vita. Così, si capisce che la questione demografica esprime anche una civiltà che ha paura del futuro, una società piena di cianfrusaglie ma priva del senso della vita.

Diceva, ormai sei anni fa, papa Benedetto: “La vita stessa ci viene data senza che noi possiamo scegliere se vogliamo vivere o no; a nessuno può essere chiesto: «vuoi essere nato o no?». La vita stessa ci viene data necessariamente senza consenso previo, ci viene donata così e non possiamo decidere prima «sì o no, voglio vivere o no». E, in realtà, la vera domanda è: «E’ giusto donare vita in questo mondo senza avere avuto il consenso – vuoi vivere o no? Si può realmente anticipare la vita, dare la vita senza che il soggetto abbia avuto la possibilità di decidere?». Io direi: è possibile ed è giusto soltanto se, con la vita, possiamo dare anche la garanzia che la vita, con tutti i problemi del mondo, sia buona, che sia bene vivere, che ci sia una garanzia che questa vita sia buona, sia protetta da Dio e che sia un vero dono. Solo l’anticipazione del senso giustifica l’anticipazione della vita”.
Ed è così che, da una statistica che mostra problemi demografici, occupazionali e statistici, possiamo riflettere anche sulla nostra società. Non entusiasmante, è vero; ma nemmeno priva di rimedi.

Daniele Premoli