Non ho seguito il festival di Sanremo e ho capito di essermi perso qualcosa. Innanzitutto Giovanni Allevi, ma anche la canzone vincente di Angelina Mango.

Alcuni amici mi hanno fatto ascoltare l’intervento commosso e accompagnato da applausi e silenzio dell’artista, pianista e compositore. Ha raccontato il cammino dolorosamente compiuto a causa della sua grave malattia, giunta all’improvviso e che ha frantumato le sicurezze del successo e del suo talento straordinario. Ma “era come se la malattia mi porgesse, insieme al dolore, degli inaspettati doni”: lo stupore di fronte alla bellezza del Creato; il talento del personale ospedaliero; la testimonianza di forza degli altri pazienti, come lui, e dei famigliari. Alla fine, ammettendo di non poter contare sul suo corpo, ha suonato “con tutta l’anima” un pezzo per piano composto durante la malattia: “Tomorrow”, una ballata romantica che esprime la speranza che “ci sarà sempre un giorno più bello ad attenderci”. “[…] sento che in me c’è qualcosa che permane! Ed è ragionevole che permarrà in eterno.”

Alla fine ha vinto Angelina Mango, con una canzone intitolata “La noia”. Il brano suggerisce che la vergogna per “le notti bruciate” e la noia non vanno combattute, ma vissute come sentimenti preziosi che permettono di scoprire nel profondo del nostro cuore un desiderio irriducibile di vita. E “la cumbia”, la danza e il canto, impediscono che la noia ci consumi. La prima serata, mentre saliva l’ascensore verso il palco, Angelina ha scritto sul suo avambraccio, poi coperto dalla manica del prezioso abito, “la vita è preziosa”. Si è fatta accompagnare dalla consapevolezza imparata con la perdita del papà.

Come il filo della ragnatela nella novella di Johannes Jørgensen, c’è un gancio dall’alto che sostiene tutta la nostra esistenza. Se si spezza tutto si affloscia e decade. La religiosità, il rapporto con il Mistero, è il prezioso filo che hanno evocato Allevi e Mango.

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(Paolo VI, Udienza generale, 27 agosto 1969)