(Filippo Ciantia)
Nella mia parrocchia San Valentino ha fatto un miracolo: dopo oltre un anno siamo tornati a ricevere l’invito dall’altare al saluto della pace.
È stato allora che ho incrociato gli occhi e le mascherine di Enzo e Agnese. In tema con la laicità della festa del 14 febbraio i loro sguardi mi hanno ricordato il risotto con le quaglie della cena del mio addio al celibato che si svolse proprio a casa loro, sul balcone, con pochi intimi amici!
C’era, quella sera, la loro meravigliosa figlia Sarita, con quella fisionomia delicata delle bimbe indiane e la lucentezza della pelle scura, come i profondi occhi neri. Dopo tre anni giunse nella loro famiglia, dalla missione di Suor Lorenza, anche Giulia, a far compagnia al loro Andrea.
Enzo nacque in Libia da una famiglia emigrata da generazioni: negli anni ‘60, dovette in fretta abbandonare casa e azienda agricola a causa della rivoluzione di Gheddafi. Apolidi, riconquistarono la loro nazionalità con il lavoro e lo studio.
Enzo portava dall’Africa un tesoro prezioso: la fede che aveva ereditato dalla nonna e che si era rafforzata, osservando con invidia la coerenza dei lavoratori mussulmani, che si scandalizzavano alle bestemmie degli italiani e osservavano con rigore Ramadan e le 5 preghiere quotidiane. Portava con sé anche una approfondita conoscenza dell’arabo.
Una mattina d’estate sulla spiaggia di Rosignano, mentre la sua famiglia si godeva il sole e la brezza del mare, due vu cumprà si fermarono osservandoli intensamente e parlando tra di loro. Ad Enzo non sfuggì la delicata frase “hanno preso sulle ginocchia le due bambine indiane” (che in arabo sta per “le hanno adottate”), con senso di ammirazione e gratitudine. Con loro estrema sorpresa Enzo li interruppe e li invitò a casa sua per cena. Ovviamente dopo il tramonto, verso le 22, perché era il periodo del Ramadan. Fu il primo di tanti inviti.
La vita di Agnese ed Enzo si riassume in tre parole: la fiducia di Dio, che in loro non è mai mancata; l’amore verso il prossimo e la vita, nell’oggi e verso lo straniero; la disponibilità, trovata al drammatico rientro dalla Libia nei francescani che lo fecero studiare gratuitamente, favorendo poi i suoi studi universitari in informatica, e, con gratitudine, sempre offerta a tutti.
L’esperto di informatica è diventato così anche poeta: “La vita ti ama, perché hai molto amato!”