L’Europa, sacrificata con l’Ucraina nella trattativa diretta USA-Russia, ha “scoperto” un grande difensore nel nostro Presidente Sergio Mattarella, il quale parlando a Marsiglia, ha fatto un coraggioso paragone tra i regimi dispotici e illiberali del Novecento e la situazione attuale: “… a prevalere fu il criterio della dominazione; e furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura”.

La storia è dalla parte del Presidente: nel 1938, dopo gli accordi di Monaco firmati dal premier inglese Champerlain, non ci fu la pace, ma l’invasione nazista di Cecoslovacchia e Polonia, oggi l’aggressione di Mosca a Kiev è avvenuta contro la Carta dell’ONU, contro il diritto internazionale, secondo la legge del più forte, che viola confini e sovranità nazionale.

Il successivo sguaiato attacco del Cremlino al Capo dello Stato svela un tallone d’Achille dell’autocrazia moscovita, colpita nelle radici della sua guerra: la conquista di territori. Contestualmente il monito del Capo dello Stato è un richiamo all’Europa contro il rischio di un nuovo Patto di Yalta alla rovescia tra Putin e Trump: l’Europa sotto l’egemonia russa, Gaza e il Medio-Oriente agli USA (ed Israele), con il piano americano di cancellare la presenza di due milioni di palestinesi residenti nel martoriato territorio.

Proprio in queste ore un altro protagonista di primo piano della politica italiana ed europea, Mario Draghi, ha rilanciato il messaggio di Mattarella, chiedendo a Bruxelles di rispondere unita alla sfida russo-americana, evitando l’isolamento e la trattativa Paese per Paese.

Nel Parlamento italiano l’offensiva di Mosca contro il Quirinale è stata respinta a larga maggioranza: dalla premier Meloni al ministro degli esteri Tajani, con FdI e FI, dall’opposizione (Pd, AVS, Azione, Italia Viva, Radicali), con due eccezioni: La Lega, con Salvini “silenzioso”; e i Pentastellati con il capogruppo alla Camera Ricciardi che ha contestato il paragone sulle aggressioni del Terzo Reich e della Russia. Peraltro Lega e M5S hanno non certo da oggi un’attenzione di riguardo verso Putin, fin dalla nascita del Governo giallo-verde Conte-Salvini-Di Maio. Confermano che i due Poli sono privi di una linea omogenea in politica estera: nel destra-centro Marina Berlusconi ha chiesto una linea dura contro Trump “rottamatore dell’Occidente”, nel centro-sinistra l’ex premier Gentiloni ha sollecitato il Governo a richiamare ufficialmente l’ambasciatore russo per l’attacco inusitato al Colle.

La premier Meloni, sempre solidale con l’Ucraina di Zelensky, appare in difficoltà nel gestire la doppia “relazione”, con Trump e con la UE di Ursula von der Leyen, perché il disegno russo-americano ha come obiettivo la divisione e l’emarginazione del Vecchio Continente, anche sul versante economico (politica dei dazi). Ancora Draghi ha ricordato a Strasburgo che senza maxi-investimenti per l’innovazione e lo sviluppo il Vecchio Continente sarebbe destinato ad un declino inesorabile, essendo impossibile, per ogni singola nazione, fronteggiare la sfida USA, Cina, Russia, Brics.

Per la prima volta dopo la caduta del nazifascismo e l’avvento della democrazia, l’Italia è di fronte ad un cambiamento epocale della politica estera, con l’Alleanza Atlantica ridotta ad una formalità, anzi con l’aperta concorrenza tra le due sponde dell’Oceano. Il ritorno della guerra nel cuore dell’Europa e il “Prima l’America” di Trump cancellano la linea seguita da Roosevelt a Biden.

In situazioni di emergenza il Paese ha spesso risposto con un sussulto di unità: nell’immediato dopoguerra con un Governo modello CLN, nel ’47 con il sì alla Carta costituzionale, negli anni Settanta con il compromesso storico Moro-Berlinguer per fermare il terrorismo sanguinario, nella seconda Repubblica con Esecutivi di larghe intese promossi dal Quirinale (Napolitano e Mattarella).

Oggi, nella logica bipolare destra-sinistra, tutto è più difficile, nonostante la gravità delle scelte, anche se il modello Meloni-Schlein segna il passo. Resta il cammino indicato da Mattarella: il rafforzamento dell’Europa, il superamento delle spinte nazionalistiche, il rispetto – sempre – della Carta dell’ONU e del diritto internazionale. Recentemente, dopo mesi di buio, le forze politiche hanno espresso un dialogo costruttivo con l’elezione di quattro giudici della Corte costituzionale. Oggi questo confronto dovrebbe continuare, tenendo conto del “bene comune”, senza attendere dall’esterno soluzioni sempre più improbabili.