Fa parte dell’antica tradizione cristiana la volontà di raccontare visivamente, in modo plastico, concreto e convincente, gli avvenimenti della vita di Gesù.
Il presepe di Natale è la più nota di queste rappresentazioni. Ne esistono – da oltre 800 anni – variazioni innumerevoli in dimensioni, arte, originalità. Il presepe ha resistito anche alla invasione consumistica e commerciale di ogni dimensione della vita umana: sia per la sua naturale attrattiva – la nascita di un bambino, la maternità, il mistero del Dio che si fa carne – sia per il carisma del suo inventore, San Francesco.
Recentemente sono stato invitato da un’amica a visitare un “Presepe di Pasqua”, una rappresentazione di cui non avevo mai sentito parlare. Ho così scoperto un’altra antica usanza cristiana, ancora viva nel Meridione d’Italia e, soprattutto, in Sicilia. Mi sono ricordato che, durante le ultime due settimane dell’Expo di Milano, nell’ottobre 2015, fu esposta nel Cluster del Biomediterraneo, l’imponente gruppo statuario dell’ultima cena proveniente da Caltanissetta. Si trattava di una delle 16 “Vare” (gruppi statuari che rappresentano scene della Passione di Cristo) che durante la settimana santa trasportano in processione per la città le rappresentazioni dei misteri pasquali, affascinante modalità per introdurre alle celebrazioni più importanti della vita di Gesù e della Chiesa tutta.
Proprio nel 2015, don Giuseppe Marinoni, parroco di Gorla Maggiore, in provincia di Varese, appassionato dei tradizionali presepi di Natale, riesce a riprodurre gli eventi della Pasqua. Ispirandosi ai Sacri Monti delle nostre terre, e probabilmente anche ai presepi siciliani, coinvolge parrocchiani, professionisti, la scuola d’arte di Busto Arsizio, dando vita ad un’originale opera artigianale e spirituale, in sei pannelli.
Statue in creta monocrome, non dipinte, realizzate dagli studenti del professor Salvatore Cannizzaro: ogni personaggio con tratti unici e personali. Paesaggi scenografici della Palestina dei tempi di Gesù, in polistirene, cartone e iuta imbevuta di gesso, stucco, cartapesta, e ciuffi di “muschio norvegese”. Soprattutto tanta cura minuziosa per raccontare l’ultima cena, la preghiera nell’orto degli ulivi, la crocifissione, la resurrezione, fino alla meraviglia dei discepoli di Emmaus e di Tommaso incontrando il Risorto.
Un dono originale e attraente dei “maestri del presepe di Gorla”, da allora itinerante tra le parrocchie vicine. Vedere per credere.