(Ferdinando Zorzi)

L’Annunciazione della nascita di Gesù è il primo dei Misteri gaudiosi: un avvenimento che è allo stesso tempo semplice e infinito, umile e fondamentale. Cosa c’è di più elementare del sorgere di una nuova vita nel grembo materno? Cosa c’è di più incommensurabile della presenza fisica di Dio sulla terra?

Per tentare di armonizzare due idee così divergenti, i testi liturgici e i testi letterari hanno impiegato parole eccelse ed elevate accanto ad altre quotidiane e concrete. Il quarto responsorio per la mattina di Natale, il famoso “O magnum mysterium” musicato da celebri compositori, recita “Beata virgo cuius viscera / meruerunt portare Dominum Christum”: colpisce l’accostamento dei Santissimi appellativi con il carnale termine viscera, che rimanda anche visivamente alla fisiologia umana ed animale. Il sesto responsorio, che inizia parlando di verginità Santa e Immacolata, prosegue affermando che “quem caeli capere non poterant / tuo gremio contulisti”, per cui l’infinito amore di Dio, che i cieli non hanno potuto contenere, è stato portato in un “grembo”, benché alcuni autori latini usino il termine gremium in senso ancora più ristretto.

E ancora, Dante Alighieri, nel XXXIII Canto del Paradiso, in un contesto di poesia altissima, scrive al settimo verso “Nel ventre tuo si raccese l’amore” e stupisce tutti i critici l’uso di quella parola che, nelle dieci occorrenze precedenti, aveva sempre connotazione negativa. Avrà forse echeggiato il latino ventris dell’Ave Maria, quello che però in Italiano è tradotto con un più poetico (e generico) “seno”?

Gli opposti, così difficili da spiegare con le nostre povere parole (anche dai più grandi autori) si sono conciliati in una giovane donna che ha detto il suo Sì a Dio. Da lì, la vicenda umana è ricominciata su nuove basi: è quello che il cardinale Giacomo Biffi ha definito il “principio femminile” nella storia di salvezza, che ora è portato avanti dalla Chiesa.

Lc 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo
della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: “Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te”.
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”.
Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.