(elisa moro) – O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno”: così il testo della Supplica alla Madonna del Santo Rosario di Pompei porta subito a meditare la grandezza della festa che la Chiesa celebra il 7 ottobre, ricordando la Regina delle Vittorie.

Il Santo Rosario, preghiera diffusa universalmente, risale ad una rivelazione, della stessa Vergine, a San Domenico di Guzman, in cui la Madonna annunciava al predicatore spagnolo la vittoria sulle eresie, che a quel tempo funestavano il sud della Francia, proprio attraverso questa pia pratica.

È certamente però la figura di un altro Santo domenicano – e piemontese – San Pio V, a istituire la pratica del Santo Rosario nella forma attuale, con la bolla Consueverunt del 1569.

Egli, devoto alla Santa Vergine e preoccupato per la minaccia ottomana all’Europa, ascrisse alla recita del Rosario la vittoria della flotta cristiana su quella turca, nelle acque di Lepanto, il 7 ottobre del 1571.

Una forma di preghiera, dunque, che in passato ha conosciuto popolarità, anche grazie alla semplicità della forma, ma che, in tempi più recenti, è stata spesso bistrattata, considerandola monotona e priva di un senso profondo.

Tuttavia, e già Papa Benedetto XVI lo affermava qualche anno fa, “il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo al centro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva del suo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva” (03/05/2008); infatti “il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria” (ibidem).

Da questi primi spunti si possono ricavare due riflessioni relative alla festa della Madonna del Rosario, che ne valorizzano il suo significato sempre attuale.

Torre di salvezza”: l’intercessione potente di Maria e del Santo Rosario mostrano che la Chiesa, nei momenti difficili, nelle lotte e tribolazioni passate ed attuali, ha fatto ricorso e continua a confidare in questa potente preghiera, per ottenere l’aiuto di Dio mediante l’intercessione della Madonna.

San Giovanni Paolo II confidò che fin dagli anni giovanili la preghiera del Rosario aveva avuto un posto importante nella sua vita.

Nella lettera apostolica sul Rosario, in occasione dell’anno del Rosario, Rosarium Virginis Mariae

(16 ottobre 2002 – leggila integrale cliccando qui),

il compianto Pontefice afferma: “Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. A esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto”(n. 2).

Non va dimenticato che, proprio in occasione della promulgazione di questa Lettera Apostolica, il Santo Padre introduceva (al n. 38) il quarto ordine di “Misteri” nella preghiera del S.Rosario, i Misteri della Luce.

Come non pensare al capolavoro del Manzoni, “I promessi sposi”, dove Lucia, nel momento più drammatico della sua vita, estrae dalla sua tasca la corona e recita il Rosario (cap. 21), sentendo sgorgare in sé, proseguendo in questo devoto esercizio, un’improvvisa speranza e una fiducia sconfinata.

Il Rosario vince le “battaglie di Lepanto” dell’oggi, dell’indifferenza, del silenzio contro i tanti episodi di male, di odio, di violenza; il Rosario libera dagli egoisti, dalle eresie dell’autoaffermazione, rende semplici.

È quanto affermava – con un linguaggio certamente desueto, ma non per questo meno veritiero – Papa Leone XIII: “vi sono incessanti e gravi lotte che travagliano la Chiesa. La pietà cristiana, la pubblica moralità e la stessa fede – il più grande dei beni, e fondamento di tutte le altre virtù – sono esposte a pericoli sempre più gravi” (Supremi apostolatus officio, 1/9/1883).

Solo il Rosario, effige di vittoria della donna dell’Apocalisse contro il drago (cfr. cap. 12), diventa un faro di speranza, il successo certo contro le insidie di ogni epoca, contro i dubbi che albergano nel cuore di ogni uomo, contro le derive, spesso celate, sociali e spirituali.

Dolce catena che ci rannodi a Dio”: nella parte mediana del grande affresco del Giudizio universale della Cappella Sistina, dipinto da Michelangelo tra il 1536 e il 1541, spicca un dettaglio: uno dei risorti porge con la mano sinistra la corona del Rosario a un uomo e a una donna per aiutarli a salire in Paradiso aggrappandosi ad essa.

Con questa sobria raffigurazione pittorica l’artista ha espresso la convinzione che il Rosario è una preghiera importante per ottenere la salvezza eterna, ma ancor più ha sottolineato, con un linguaggio iconico, il concetto di “catena”, di vincolo che unisce il fedele a Dio.

Attraverso il Rosario infatti si sperimenta la vita del Signore Gesù, “lasciandosi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore” (Rosarium Virginis Mariae, n. 1).

E’ un cammino, quello del Rosario, di crescita e conformazione a Cristo, sotto la guida di Maria, che svela il Verbo agli uomini, nei misteri stessi della Sua vita, quel “mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo” (Col 1,26-28).

Nel Rosario è quindi Maria stessa che insegna a pregare (cfr. At. 1, 14) il Figlio, intercedendo per ogni devoto che fiduciosamente a lei si affida.

Con le parole di San Giovanni Damasceno, che ben aveva colto il ruolo di Maria come strumento di salvezza, si può allora guardare alla Regina vittoriosa del Rosario, salutandola con queste parole, piene di gratitudine: “Tu benedici il mondo, santifichi l’universo; sei sollievo per chi soffre, consolazione per chi piange, guarigione per gli ammalati, porto per chi è sconvolto dalle tempeste, perdono per i peccatori, dolce esortazione per chi è afflitto, sollecito ausilio per tutti quelli che ricorrono a te… Volgi lo sguardo verso di noi, nobile sovrana, Madre del buon Sovrano, stimandoci degni della futura beatitudine” (Omelia I sulla Dormizione, PG 96, 716-717, 720-721).