21 aprile 2019

TRIDUO PASQUALE – DOMENICA DI PASQUA
RISURREZIONE DEL SIGNORE

La Settimana Santa conclude il cammino quaresimale.
Il Vangelo, fino all’arresto di Gesù, cita tutti i giorni Giuda, inghiottito dalla notte del rinnegamento di Dio: una martellante ripetizione, quasi un monito per ravvivare la vigilanza, l’intimità vera con Chi si dona per tutti.
Alla sera della vita terrena del Cristo infatti, la lavanda dei piedi, gesto di umile servizio, è un richiamo alla purificazione della coscienza e appello all’amore: «Vi ho dato un esempio…perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Amati sino alla fine, nutriti da questa mensa di salvezza! Dalla cena in casa degli amici di Betania all’ultima cena tra traditore e discepoli.

Avanzo nel Triduo Sacro e trovo soldati e guardie, «con lanterne, fiaccole e armi», al buio della buona novella, privi della vera forza di pace che solo Dio è. Indietreggiano e cadono al solo sentire «Sono io!». Catturano, legano, ma non possiedono. Scorgo una portinaia spigliata e ciarliera ed in silenzio, ai piedi della croce, Giovanni e la Madre, Colei che per tutti sarà pronta ad intercedere, a aprire il passaggio alla Grazia. Servi attizzano fiamme per ripararsi dal freddo e Pietro, preso dalla paura, cerca di nascondere il fuoco acceso in lui dal Maestro.

Ma «l’amore scaccia il timore» e quel «interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto» pronunciato durante l’interrogatorio del sommo sacerdote mi fa piegare le ginocchia nel pentimento: posso essere lontano da Giuda e cercare di rimanere con Cristo, ma sono davvero consapevole e custode di cosa mi ha detto e dato attraverso la Parola ed i Sacramenti?

Anche Pilato può raccontare una parte di me. Rivolge tante domande, crede all’innocenza di Gesù, però preferisce dar soddisfazione alla moltitudine, baratta il Bene con un brigante. La paura lo spinge infine ad un tentativo, «cercava di liberarlo». Inutile.

Eppure «che cos’è la verità?», la domanda di chi si è lavato le mani, insiste ancora tra le tante vicende, nella mia confusione, quando le circostanze interpellano nel profondo mentre il mondo schiamazza. «Fermatevi e sappiate che io sono Dio»: se so obbedire a questa attenzione incomincio a riconoscerti mio Signore, «il mio Dio,…di te ha sete l’anima mia», e ad entrare nel «tutto è compiuto».

Tumulto, violenza, Gòlgota, morte. Sull’albero della croce cielo e terra si incontrano, c’è il frutto maturo della redenzione. Il costato trafitto da cui escono sangue e acqua, segni dell’eucaristia e del battesimo, mi parla di rigenerazione e di rinnovamento, della vita eterna.

La Chiesa viene formata qui, come dal costato di Adamo fu tratta Eva. «Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita» ripeto con San Giovanni Crisostomo.
Un malfattore nella sofferenza accanto a Cristo trova il Paradiso, un non credente «visto ciò che era accaduto» glorificava Dio.

Sosto nel silenzio del Sabato Santo. Mi ritrovo nei vari passaggi e vedo le mie debolezze, i tradimenti, la presunzione, le esitazioni ed i timori nel testimoniarti tra gente che non ha interesse per te e addirittura ti condanna a non esistere più. Chi non ti abbandona non cerca violenza, ti segue, ti depone dalla croce. C’è un tacere che rivela quanto Tu sei stato incarnato come Parola viva ed efficace. «Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci», Tu Amore tutto offerto. E Maria, in piedi nella tua passione estrema per l’uomo, piena di grazia che da sempre «serbava tutte queste cose nel suo cuore», è madre anche per me tra i dolori, nel cammino, quando tutto si oscura e sembra finito, dove viene sepolta la mia speranza.

La nostalgia per la Luce mi sollecita e spinge verso il giardino della risurrezione, dove non sei catturato e legato, ma riconosciuto Maestro. Come Maria di Magdala posso ancora affannarmi nel buio: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto». Eppure, l’insistenza di cercarti mi farà entrare nella gioia della Pasqua.

«Plagas, sicut Thomas, non intúeor, Deum tamen meum te confíteor, fac me tibi semper magis crédere, in te spem habére, te dilígere – Non mi è dato di scrutare le piaghe come Tommaso, nonostante ti confesso mio Dio: fa’ che sempre di più io creda in te, abbia speranza in te, ami te».

Questo è il percorso continuo per riconoscere la tua presenza pasquale nel tempo in cui esisto.

Anche se ci sono porte chiuse vieni, rimani e dimmi: «Pace a te». Tu sei gioia grande. Alleluia, Alleluia!