Anche in questa domenica ci è offerto un nuovo simbolo di quella “geografia di salvezza” che costella l’itinerario di Gesù: passiamo dal deserto (contemplato nella prima domenica di quaresima) a un monte sconosciuto (Luca si limita a dire “alto”), che domina la scena del vangelo di questa seconda tappa festiva verso la Pasqua.

Rifletto sul senso di questo monte e della trasfigurazione di Gesù avvenuta in quello spazio, ricordando un pensiero che mi comunicava un nostro confratello sacerdote (appassionato alpinista deceduto qualche tempo fa), riassumendo le sensazioni che l’accompagnavano nelle ascese in montagna: sentirmi piccolo, immerso in un mistero infinitamente più grande della mia minuscola vita.

Potrebbe essere questa la sensazione che i tre apostoli, privilegiati testimoni della trasfigurazione, hanno sentito nel loro cuore quando si svegliarono dal torpore e videro la gloria di Gesù, con l’apparizione di Mosè ed Elia? Trovarsi immersi in un mistero più grande che fino allora non avevano percepito nel seguire Gesù!

Certamente avevano già intuito che in quel maestro c’era un’autorevolezza superiore a tutti gli altri: ora però vedono in lui una luce divina che lascia trasparire qualcosa di immenso. Gesù è superiore a Mosè, ad Elia, a quanto di più grande la fede dei discepoli poteva lasciare immaginare. Pietro, Giacomo, Giovanni si trovano di fronte alla Parola suprema e definitiva di Dio, senza la quale tutto ciò che è stato detto prima rimarrebbe incompiuto.

Così, anche noi siamo chiamati a rinvigorire la nostra fede in Gesù, vero Dio e vero uomo, in questa seconda tappa del cammino quaresimale. Suggerisco una preghiera del Cardinal John Henry Newman che ci aiuta a stare sotto la luce di Gesù per diventare noi stessi raggi del suo splendore attraverso la nostra testimonianza: “Stai con me e io inizierò a risplendere come tu risplendi, fino ad essere luce per gli altri.

La luce, o Gesù, verrà tutta da te: nulla sarà merito mio. Sarai tu a risplendere attraverso me, sugli altri. Fa’ che io ti lodi così nel modo che tu più gradisci, risplendendo sopra tutti coloro che sono intorno a me. Dà luce a loro e dà luce a me; illumina loro insieme a me, attraverso di me. Insegnami a diffondere la tua lode, la tua verità, la tua volontà. Fa’ che io ti annunci non con le parole ma con l’esempio, con quella forza attraente, quell’influenza solidale che proviene da ciò che faccio, con la mia visibile somiglianza ai tuoi santi e con la chiara pienezza dell’amore che il mio cuore nutre per te”.

Lc 9, 28-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa».
Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra.
All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo.