SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda
(diacono Marco Florio)
Gesù è arrivato a Cafarnao dopo aver moltiplicato i pani e dopo aver camminato sul mare. Nella sinagoga di Cafarnao i giudei vogliono vedere segni per credere e mormorano.
Sono caratteristiche, queste, che accompagnano la storia della salvezza. Accompagnano la nostra storia.
La fede si intiepidisce quando l’occhio non vede il segno o non riesce ad andare oltre a quello che vede. Già nel deserto la mormorazione tentava di demolire l’autorità di Mosè e Aronne raggiungendo Dio stesso. Così ora mormorano contro il figlio di Giuseppe colpendo il Padre nel suo insegnamento, nella sua pedagogia, nel suo piano. La mormorazione esprime l’incredulità di fronte alla voce della salvezza.
A quelle mormorazioni nel deserto Dio rispose con il dono della manna che significa “che cosa è”: pane del cielo venuto da Dio. Gesù adesso dice: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Ma i giudei dicono: “Non è forse costui Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dire: sono disceso dal cielo?” (Gv 6,42).
I giudei si fermano alla sua nascita umana. Dicendo che conoscono il padre e la madre rivelano la loro ignoranza. La loro ignoranza è la nostra.
Quando diciamo di essere cristiani e poi non ci comportiamo da tali. «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Qui si rivelano i veri discepoli: “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita…… Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.”
Ecco lo scandalo della croce secondo Giovanni. Gesù è il pane che deve essere mangiato, il suo sangue deve essere bevuto. Questa è l’unità con lui. È l’agnello, la vittima da mangiarsi.
Cibandosi di questa carne e di questo sangue si dimora in Cristo, in una unione intima con lui.
Come lui si è donato, per amore, così chiede di fare anche a noi.
Ogni volta che partecipiamo all’Eucarestia, presenza del gesto d’amore di Gesù, che dona la vita per noi, non è possibile partecipare alla Messa e fare comunione con il sacrificio di Gesù senza venire accesi o vivificati dall’Amore di Cristo.
Nella nostra fragilità “non siamo degni di partecipare alla sua mensa, ma basta una sua parola e noi saremo salvati”.