XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Fare esperienza della misericordia di Dio è la roccia della vita cristiana
(Le Suore di Maria Stella del Mattino)
Il Vangelo che la liturgia di domenica ci offre è come una risposta di Gesù a questa sete dell’uomo di conoscere il Padre, di ritrovare la nostra sorgente: colui che ci ha creati per lui e che non si stanca mai di amarci, di attirarci a lui, di avvolgerci nel suo amore. Possiamo dire che le tre parabole del Vangelo presentano come tre analogie, tre volti diversi della misericordia del Padre – il più grande attributo di Dio, come diceva santa Faustina: la pecora smarrita, la dracma perduta, il figlio prodigo. Questo mistero è talmente grande, talmente inesauribile, che una sola immagine non basterebbe per esprimerlo; dobbiamo interrogarci: che cosa ognuna di queste parabole ci dice sulla misericordia del Padre?
La parabola della pecora smarrita ci fa pensare al vero Pastore, colui che conosce tutte le sue pecore per nome e che da la sua vita per loro. Gesù, che è il volto della misericordia del Padre, vuole avere con ognuno di noi un contatto intimo, personale. Lo sguardo di Gesù per ognuno di noi è pieno di amore e di dolcezza; nel suo sguardo, ognuno di noi è unico! Il prezzo della pecora perduta è molto alto, è il prezzo del suo sangue versato sulla croce.
La parabola della dracma perduta sottolinea un altro aspetto della misericordia. Perché Gesù prende questo esempio? Lo vediamo nella nostra esperienza: quando abbiamo perduto un oggetto che per noi è importante, rovesciamo tutta la casa e non ci fermiamo prima di averlo ritrovato. La moneta non grida, non fa rumore se è persa; in se, non ha nessun prezzo: non è che un oggetto… . Tuttavia è ricercata con intensità e quando si trova, la gioia è immensa. Anche quando uno pensa di sé di non avere un grande prezzo, non è così per Dio; è l’amore di Dio che fa di noi persone uniche nel suo sguardo! Per questo, il Padre farà di tutto per ritrovarci, nonostante tutti gli ostacoli del peccato, dell’indifferenza, del ripiegamento su noi stessi.
La parabola del figlio prodigo mostra la misericordia e tenerezza di Dio in una maniera ancora più splendente. Il figlio vuole godere della libertà, della vita e considera il Padre come un ostacolo alla sua felicità; solamente quando ritorna alla casa paterna sperimenta la gioia di essere figlio amato e la vera libertà. Scopre che il padre non è nemico, ma amico della propria felicità. Come nelle altre due parabole, incontriamo qui ancora una volta la gioia di essere ritrovati da Dio! Per il peccatore che si pente, Dio fa un banchetto. Dio non si stanca mai di perdonarci, come dice papa Francesco. Anzi, si serve sempre della colpa, del peccato, per avvolgerci nella misericordia, per fare di noi creature nuove.
Possiamo chiederci allora: come si fa per entrare in questa gioia di essere salvato, perdonato, rinnovato da Dio? E molto semplice: bisogna riconoscere che ognuno di noi è la pecora smarrita, bisogna essere nell’atteggiamento del figlio prodigo che riconosce la sua povertà, le sue mancanze. Bisogna riconoscere che non siamo migliori degli altri. A volte, dentro di noi si nasconde un piccolo fariseo che ci impedisce di lasciare l’amore di Dio prendere possesso di noi, ci impedisce di toccare com’è grande l’amore di Dio. Tuttavia, l’esperienza personale della misericordia di Dio è la roccia della vita cristiana: finché non lo abbiamo toccato, rimaniamo orfani, senza vita, senza vera gioia!