Vende tutti i suoi averi e compra quel campo
(Elisa Moro)
Si conclude con questa XVII domenica del Tempo Ordinario il capitolo matteano sulle parabole del Regno. L’Evangelista ne presenta tre, sintetiche, tutte introdotte dall’espressione: “il Regno è simile”; le prime due, quella del tesoro e della perla, sono legate dalla logica del ritrovamento, da quella gioia profonda che si prova in una scoperta che trasforma l’esistenza, la terza fa trasparire un rinvenimento, quello dei pesci, che conduce dal nascondimento delle acque del mare alla luce della verità della stessa vita.
Un comune denominatore è dunque l’opposizione “sopra-sotto”: il tesoro, la perla, i pesci, sfuggono agli sguardi. Al di “sopra” c’è l’apparenza, uno strato esteriore che impedisce di vedere una realtà più profonda: “Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”, usando le famose parole di Saint Exupery ne “Il Piccolo Principe”.
Da qui si intravedono le conseguenze del ritrovamento: si è disposti a rinunciare al resto, “se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso” (Lc. 9, 23), per affrettarsi e raccogliere quel bene prezioso; è quanto Gesù chiede anche al giovane ricco: “se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo e vieni. Seguimi!” (Mt. 19, 21).
San Giovanni Crisostomo, commentando questo brano, specifica come: “non ci possa essere altro modo di possedere questo tesoro se non abbandonando tutto ciò che si possiede; non si possiedono le ricchezze celesti senza sacrificare quelle mondane”.
Abbracciare il Vangelo, con una precisa disposizione del cuore: la gioia.
Se si deve rinunciare ai propri beni, non è mai per un’ascesi fine a se stessa o per il gusto della rinuncia: è per la gioia, perché il Regno porta una ricompensa infinitamente superiore di quanto si deve lasciare; è la logica del centuplo, indicata dallo stesso Signore: “chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle… riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt. 19, 29).
Occorre porsi con gioia nella condizione di incontrare Gesù, scoprendolo come amico e Salvatore.
All’inizio del suo ministero petrino, il papa emerito Benedetto XVI disse: “Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura – se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo”.