XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Comandami di venire verso di te sulle acque.
(Elisa Moro)
Continuamente la barca della Chiesa naviga sul mare impetuoso d’una storia che è, a tratti, ostile, come il vento contrario che non permette di avanzare; ma è “costretta” dallo stesso Cristo a “procedere” per annunciare il Vangelo all’intera umanità, per portare all’altra riva il messaggio d’amore, di cui Egli è portatore.
Gesù però congeda la folla, sale sul monte da solo e prega.
Un bisogno misterioso di solitudine, di essere distante dai rumori e dalle chiacchiere, spesso ridondanti, ma anche di elevare il cuore e il pensiero, immergendosi nelle realtà eterne, come insegna San Giovanni Criso-stomo: “chi si avvicina a Dio ha bisogno di allontanarsi e trovare il tempo e il luogo distanti dal tumulto” (Discorso L, Comm. Ev. Matt).
Gesù in montagna che prega: è questa un’immagine non infrequente nei Vangeli, ma densa di significato spirituale. Come si può rintracciare anche nel brano della Trasfigurazione, Gesù sembra voler, in montagna, distanziarsi dalla terra per avvicinarsi al cielo, indicando come le alte cime siano “pinnacoli di virtù e amore, apice di elevazione”, usando le parole del Damasceno.
Perché Gesù sale sul monte? Perché non rimane con gli apostoli in pericolo, ma attende il “finire della notte”? Non è certo un atteggiamento di abbandono o di superficialità quello mostrato dal Signore, quanto un pedagogico aiuto per la maturazione spirituale di quegli uomini.
Egli si mostra loro come già risorto, vivente, sul “sentiero delle grandi acque” (Sal. 76, 20), cammina sul mare oscuro della morte trionfando; “sono io, non abbiate paura” annuncia, come nel Cenacolo, dove più che le porte, si erano chiusi i cuori dopo la morte ignominiosa del Maestro.
Alla voce che ancora non ha trovato un pieno riconoscimento e che incoraggia, l’ardore di Pietro che lo spinge a tuffarsi fuori dalla sicurezza della barca e la soave risposta: “vieni!”.
La paura prevale però, Pietro è scosso dal terrore ed è sopraffatto, chiede aiuto, poiché l’”acqua gli giunge alla gola” (Sal. 68, 2).
Sant’Agostino commenta: “il Signore sì è abbassato e t’ha preso per mano. Stringi la mano di Colui che scende fino a te” (Enarr. in Ps. 95,7).
Solo nell’essere afferrati da Cristo e nel fissare i nostri occhi nei Suoi, riconoscendolo, come Giobbe nel capitolo 42, si può quindi rileggere l’esistenza come un pellegrinaggio in ascesa, in cui si salgono le sante montagne non lasciandoci alle spalle il mondo che si agita, ma portandolo nel cuore per consegnarlo a Colui che è la Pace.