ROMA – Bocce ferme, urne chiuse, è il momento di bilanci e considerazioni: senza troppe pretese, solo per la curiosità di capire come va il mondo. L’aspetto per me più interessante è il trend degli studenti fuorisede perché questa è la condizione in cui mi trovo, e perché saranno le menti del domani, il tessuto sociale dell’Italia dei prossimi 10-20 anni. Capire l’aria che tira nelle università permette di annusare il futuro o quantomeno rilevare i temi che stanno a cuore alle giovani generazioni.
Alle elezioni europee, per la prima volta quasi 24mila studenti fuorisede hanno ottenuto il permesso di votare senza dover rientrare nel proprio Comune di residenza. Nonostante il passo in avanti per cercare di ridurre l’astensionismo, siamo solo al 4% dei circa 591mila fuorisede presenti in Italia. Ottenere il permesso per votare non era così semplice, molti non lo sapevano nemmeno e gli informati hanno dovuto inviare entro il 5 maggio una richiesta al Ministero dell’Interno. Una volta accettata, questa richiesta non ha permesso comunque a tutti di votare nel Comune in cui vivono per motivi di studio, ma solo a quelli domiciliati nella stessa circoscrizione elettorale del Comune di residenza.
Per gli altri un bel viaggetto nel capoluogo di regione; disincentivante. Quindi ha votato chi veramente aveva qualcosa da esprimere, gli indecisi non c’è stato nemmeno bisogno di convincerli.
Nel weekend ha poi effettivamente votato l’80,8% di chi ha potuto beneficiare di questo permesso elettorale, ossia oltre 19mila studenti fuorisede. La lista più votata è quella di Alleanza Verdi-Sinistra, con il 40,35%, seguita da PD (25,47%) e Azione (10,21%). Seguono il Movimento 5 Stelle (7,8%), “Stati Uniti d’Europa” (7,64%), Fratelli d’Italia (3,37%), Forza Italia (2,33%) e Pace Terra Dignità (1,73%). Con 93 voti, la Lega si è fermata allo 0,53%.
Cosa ci dicono questi numeri? Sono un ribaltamento del trend nazionale, una frenata al successo del centrodestra e lo specchio di una polarizzazione estrema. Fra campagne elettorali più o meno “contro” qualcosa o qualcuno, e nomi che sono andati a toccare il cuore dei giovani anelanti di speranza e libertà, la tendenza verso i poli pare profondamente marcata.
È indubbio che i fuorisede abbiano votato per valori, verrebbe da chiedersi quali. L’aspetto positivo è che c’è un substrato giovane che ancora sogna: a modo suo, ma sogna.
Una certa ideologia estrema attecchisce più di tante altre nei giovani universitari, che fra occupazioni, proteste e marce continuano a scegliere la radicalizzazione per cambiare il mondo, perché è la scelta di chi è stato abbandonato: in ogni caso la politica due domande a riguardo dovrebbe farsele. E forse non solo la politica ma anche una buona parte della società civile, almeno quella attiva.