Nel piccolo paese di Introd, in Val d’Aosta, che negli anni ’80 e ’90 Papa Giovanni Paolo II scelse più volte per le vacanze estive, Eleonora, una giornalista di un importante quotidiano nazionale, cerca di chiudere un pezzo giornalistico su Karol Wojtyla e sul suo profondo legame con le montagne, in occasione del centenario della nascita. Ad Introd la cronista viene in contatto con l’associazione culturale piemontese Memoria Viva che raccoglie nella sua banca dati decine di storie di sopravvissuti all’olocausto.
Incuriosita, Eleonora sofferma la sua attenzione sulla vicenda di Lidia Maksymowicz, oggi elegante signora ottantenne che vive a Cracovia. Inizia così il film “La bambina che non sapeva odiare” del regista Giambattista Assanti che uscirà nel gennaio 2021 ma che sarà presentato giovedì 2 luglio all’Istituto Italiano di Cultura a Cracovia e sabato 4 luglio a Castellamonte, per iniziativa del Club Turati, presieduto dal Senatore Eugenio Bozzello. In Italia la presentazione sarà online, per rispettare le norme di prevenzione del Covid-19 che limitano gli eventi pubblici. La Città metropolitana di Torino ha concesso il suo patrocinio all’evento, in considerazione del grande valore della testimonianza di Lidia Maksymowicz, raccolta da Assanti nel corso dell’intervista che il regista ha trasformato in un vero e proprio film.
Testimoniare l’orrore di Auschwitz
Nel 1942 Lidia Maksymowicz, a soli due anni venne rinchiusa nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove il dottor Mengele, meglio conosciuto come “l’angelo della morte”, effettuava i suoi folli esperimenti sui bambini ebrei. La madre, costretta a partecipare a una marcia della morte, promise e giurò alla bambina che un giorno sarebbe tornata a prenderla. Lidia, come tutti i prigionieri di Auschwitz, fu liberata nel gennaio del 1945 dai soldati sovietici e fu data in adozione a una famiglia polacca. Visse la sua gioventù immaginando che la madre fosse scomparsa in una marcia della morte. Ma un giorno, nel 1962, qualcuno bussò alla sua porta…
Il film racconta l’incontro di due donne molto diverse, attraverso l’intervista intensa e piena di commozione che Lidia farà ad Eleonora in un giorno d’autunno a Cracovia. Lidia racconta gli aspetti più incredibili e misconosciuti di ciò che avvenne ad Auschwitz per mano di Joseph Mengele, dalla cui follia si salvò miracolosamente. È il racconto di un orrore indicibile, ma è anche una grande storia di coraggio e di amore tra una figlia e una madre, che il destino farà ritrovare dopo venti anni di separazione.
Eleonora rientra in Italia diversa e con una maggiore consapevolezza storica e umana di tutto quello che accadde nell’inferno di Auschwitz, mentre Lidia conserverà di quell’intervista un grande e personale monito per le nuove generazioni.
“Se dovessi vivere pensando a odio e vendetta farei danno a me stessa e alla mia anima, io sarei quella malata…l’odio ucciderebbe anche me. Il compito che mi sono data sino a quando vivrò è’ quello di parlare di quanto mi è successo. Soprattutto ai giovani, perché non permettano mai più una cosa del genere”.