Il confronto che Gesù sostiene, a più riprese, con quelli che erano considerati – ma soprattutto consideravano se stessi – come i più grandi intellettuali del tempo, giunge a una svolta nel momento in cui lo interrogano sui fondamentali della Legge. Qual è il grande comandamento? Quale Parola fonda un insieme di leggi, rituali e profezie complesso, così come i princìpi delle moderne costituzioni fondano l’emanazione di leggi ordinarie?
La risposta, articolata in due parti, inizia da un verbo: “amerai”. I verbi, com’è noto, sono le Parole per eccellenza, quelle su cui poggia l’intera frase e la comunicazione in generale, e indicano per lo più delle azioni. Risalendo la catena etimologica che da “verbo” ci porta al latino verbum e al greco λόγος torniamo rapidamente al Prologo del Vangelo di Giovanni, per cui il Verbo è identificato con la seconda persona della Trinità.
Vi sono stati dei tentativi di tradurre diversamente questa parola chiave: uno, celebre, del grande scrittore tedesco Goethe, che nel suo capolavoro Faust immagina il protagonista impegnato in questa impresa. Questo personaggio, massimo rappresentante di un’epoca e di una radicata tendenza umana a superare i limiti imposti dalla natura, scommette con il demone Mefistofele: potrà placare la sua sete di conoscenza con straordinarie esperienze ma, nel momento in cui si riterrà soddisfatto tanto da chiedere di “fermare l’attimo”, perderà l’anima.
Faust, nella sua continua aspirazione al miglioramento, traduce dapprima con “parola”, poi con “pensiero”, quindi con “energia” e infine con “azione” il fondamentale verbum che sta al principio di ogni cosa. Proprio con le sue azioni, non tutte perfette, ma per la maggior parte volte a favore del bene della società e guidate dall’amore per le creature e per il Creatore, Faust si guadagna infine la salvezza eterna, a dispetto del pericoloso patto stabilito molti anni prima.