Tra i mali dei passaggi di stagione, oltre al cambio del guardaroba, c’è sempre stata la “sindrome influenzale”. Non è cambiato molto dal passato anche se non ci sono più le mezze stagioni. Come non è cambiato nulla se ti becchi l’influenza.

Ho vissuto lunghi periodi da sano, certo, pur con qualche episodio non degno di ricordo particolare, con qualche giorno “ko” e niente più. Questa volta invece, da quando è iniziata, sono nove giorni di febbre continua! Come tutti i miei colleghi maschi, sotto le sferzate della febbre perdo ogni capacità intellettuale e pratica (addirittura non sono riuscito a scrivere nulla lo scorso numero e me ne dolgo per i miei affezionati lettori).

Ma non è certo di me che voglio parlare e tediarvi, se non per utilizzare i casi che mi affliggono per rendere il dibattito sui medicinali più comprensibile: ebbene, secondo me le maggiori case farmaceutiche hanno assunto dei “maestri del gusto”! Evidentemente la cuoco-crazia ha determinato la loro assunzione per rendere veramente gustose le medicine. Quando si impenna la febbre apro la mia “XXXpirlina orosolubile”, nome che sulle prime mi ha fatto pensare – complice la febbre – trattarsi di materiale solubile nell’oro. Invece, questo granulato da 1000 mg lo si mette sotto la lingua e in pochi secondi la bocca è piacevolmente invasa da un gusto incredibile di cappuccino. Giunto alla 19a assunzione, però, devo dire che il cappuccino mi sta diventando antipatico solo a pensarlo.

Naturalmente la cura principale è basata sull’antibiotico (i cui ideatori hanno puntato sul gusto vaniglia), da somministrarsi ogni 8 ore. Quando lo devo prendere alle 4 del mattino ho la forte sensazione di essermi fregato da solo con gli orari. Poi il medico mi ha prescritto una cosa tremenda: 25 miliardi di fermenti lattici vivi! La scatola ne contiene 10 dosi, quindi in casa, e ormai nella mia pancia ci sono 250 miliardi di quei cosi… vivi. In compenso il gusto è veramente delizioso: ciliegia! Ma non blanda, proprio concentrata, buona come lo sciroppo di amarene o come un Ratafià analcolico. Il top rimane però il mucolitico che una volta sciolto nel bicchiere è un’ottima aranciata che ricorda i più famosi marchi. E tutte non sono nauseanti.

Invece quando ero giovane e mia madre apriva l’antibiotico in cucina, io dalla camera da letto davo di stomaco al solo odore. Poi quando si parlava di terapia (eravamo negli Anni ’70) l’antibiotico era solo intramuscolo. Voleva dire: puntura di pennicillina.

La tragedia della puntura con siringhe di vetro, impugnate da infermiere che sembravano unità dei corpi speciali, si consumava e provocava le mie fughe sull’armadio nella camera da letto, raggiungendo il suo apice e l’inizio del mio shock. Finché un giorno mio padre si stancò di queste tragedie familiari e imparò a fare lui le punture. Se la cosa migliorò, il liquido nella coscia aveva sempre lo stesso effetto di un proiettile calibro 22 sparato a bruciapelo.

Fortunatamente il progresso e i maestri del gusto, hanno reso meno penosa questa terapia. E adesso che ho appena preso l’antibiotico alla vaniglia… spengo tutto e torno a dormire.