E’ giunto ieri, domenica 4 agosto, alla sua penultima tappa, l’itinerario formativo estivo che l’Azione Cattolica Diocesana di Ivrea offre ai propri associati e non solo: gli incontri sono aperti a tutti, così come i relatori spesso sono scelti al di fuori dell’ambito associativo.

Quest’anno il tema conduttore del percorso (che ha preso le mosse a maggio) è stato l’attualità della figura di Gino Pistoni, come paradigma nella vita del cristiano, nell’esperienza di Fede.

Delle iniziative per ricordare il centenario dalla nascita di Gino avevamo parlato nel corso di

un precedente articolo che, cliccando qui, si può rileggere.

Gli incontri, iniziatisi a maggio scorso, si sono tenuti tutti ad Inverso, ridente frazione del neo costituito comune di Valchiusa, che ha riunito quelli di Maugliano, Trausella e Vico Canavese.

Molteplici i temi trattati, da “Fede e politica”, a “Fede e sofferenza” per esplorare poi il rapporto tra “Fede e quotidianità”, con relatori di prestigio.

Ieri il tema “Fede e comunità” è stato affidato ad un relatore apprezzatissimo, Mons. Piero Agrano (nella foto sopra all’incontro di Inverso, in quella sotto, scattata nella già citata occasione del 25 febbraio scorso, ripreso con la Presidente di Azione Cattolica, Maria Rosa Montebianco).

Nel corso dell’incontro non sono mancati anche contributi provenienti da studiosi e religiosi della Diocesi, come Mario Zannini, che i nostri Lettori avevano già conosciuto in occasione dell’incontro in San Lorenzo – clicca qui – il 3 marzo scorso – .

Per l’incontro di ieri Zannini ha preparato un meditazione molto profonda, su un tema assai coinvolgente, anche se purtroppo non molto frequentato, nel convulso quanto indistinto scorrere delle ore nella nostra quotidianità.

Il tema è stato:

”La nube della non-conoscenza Meditazione sulla dimensione mistico-contemplativa del Cristianesimo“.

Che di seguito riproponiamo in un’ampia sintesi.

Il prossimo e conclusivo appuntamento di formazione di Azione Cattolica a Inverso avrà per tema: “Fede e giovani”, affidato a Maria Dell’Aquila, del Rinnovamento nello Spirito Santo.

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Prima di lasciarci con il testo dell’intervento preparato da Mario Zannini, un avviso importante:

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Buona Estate e grazie.

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La nube della non-conoscenza

Meditazione sulla dimensione mistico-contemplativa del Cristianesimo

(di Mario Zannini)

Inverso, 4 agosto 2024

Noi esseri umani non siamo “invulnerabili”, al contrario siamo “ontologicamente” fragili (D.Barsotti), la nostra vita è inesorabilmente orientata verso la morte.

Sembra però ci sia qualcosa che spinge alcuni esseri umani a non rassegnarsi alla inesorabile “finitudine” della nostra natura umana biologica.

Ciò sembra attestato, fin dalle origine delle civiltà umane, dalla nascita e dallo sviluppo delle “grandi religioni”, come dei “miti” di alcune popolazioni, ad es. dei “nativi” d’America, tra cui le tribù di pelle-rossa del nord-Canada studiate dall’antropologo C. Levi Strauss.

Ma anche, secondo me, in epoca moderna dal sorgere di alcune attività apparentemente inutili, senza finalità pratiche come, ad es., l’alpinismo estremo praticato da alcuni scalatori in particolare a cavallo tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900. Io penso che la via “mistico-contemplativa” del cristianesimo e di altre tradizioni religiose, possa essere considerata come una delle possibili risposte a questo anelito di “assoluto” insito nel profondo dell’animo degli esseri umani che non si rassegnano all’idea di essere nati soltanto per caso, per ritornare alla polvere e scomparire nel nulla.

Nel corso della plurisecolare storia della Chiesa, in particolare di quella Cattolica, diversi sono stati gli Autori che hanno proposto una via spirituale per giungere alla “contemplazione” di Dio, già nell’al-di-qua. Basti ricordare, tra gli altri, sant’Alberto Magno con il suo “L’unione con Dio” (1278 ca), san Bonaventura da Bagnoregio con il suo “Itinerario della mente a Dio” (1259), santa Teresa d’Avila con il suo “Cammino di perfezione” (1566) e, più recentemente don Divo Barsotti con il suo “Itinerario dell’anima a Dio” (1998).

Oggi io vorrei parlarvi dell’opera di uno sconosciuto monaco benedettino inglese del XIV sec. dal titolo piuttosto misterioso ma affascinante:

“La nube della non-conoscenza”, ispirata alla corrente spirituale del neo-platonismo che ha nello Pseudo Dionigi l’Aeropagita1 il suo massimo esponente e iniziatore.

E’ un’opera di mistica che, secondo alcuni commentatori, ha alcuni elementi in comune con il Buddismo Zen.

Il testo contiene un elogio della vita religiosa contemplativa tipica della grande tradizione monastica sia orientale che occidentale che, per la nostra cultura materialista e secolarizzata, è irrilevante, quando non addirittura “parassitaria” ma che, in realtà, contiene tesori inestimabili di spiritualità in particolare per chi ha posto Dio a fondamento del proprio modo di pensare e di agire nella propria vita, per il quale la ricerca e la “contemplazione” del Suo Volto (cfr. sal 26) può diventare persino lo scopo fondamentale dell’esistenza, com’è appunto per il monaco e la monaca, non soltanto di coloro che vivono nel “claustro” ma anche di chi vive nel mondo praticando il “monachesimo interiorizzato”, come nel mio caso.

L’Autore partendo dal noto racconto evangelico di Marta e Maria (Gv 11, 19-38) distingue la vita religiosa in “attiva” (Marta) e “contemplativa” (Maria) (p.54) e, interpretando il detto del Signore “Maria si è scelta la parte migliore” (Lc 10, 42),afferma il primato della vita religiosa 1 Pseudo Dionigi l’Aeropagita: teologo e filosofo siro (V o Vi sec.) autore di un corpus di scritti mistici affini al neoplatonismo contemplativa sulla vita “attiva”, cioè sulle opere di misericordia; affermazione forse discutibile alla luce del testo di Matteo 25 sul “giorno del giudizio”, ma che l’Autore giustifica con il presupposto metafisico per cui, nell’al-di-là l’unico atto dei giusti, riconosciuti autentici figli e figlie di Dio, sarà la “dossologia”, cioè la lode e l’adorazione di Dio, il cui Volto sarà finalmente possibile contemplare “faccia-a-faccia”.

“Nell’altra vita ….non ci sarà né fame, né sete, né freddo, né malattia, non ci saranno persone senza casa o in prigione, non ci sarà nessuno da seppellire perché non ci sarà più la morte [né le guerre]” (p.102) “La 3^ parte [la contemplazione] è immersa nella nube della non conoscenza , è fatta di innumerevoli slanci d’amore per Dio, quale Egli è……la 3^ parte è in assoluto la migliore di tutte” (p.101).

Cosa si intende con il termine “nube della non conoscenza”?

La teologia di Dionigi, sulla quale è fondato questo libro, è una teologia “negativa o “apofatica” secondo la quale Dio trascende ogni cosa e non può essere compreso se non “per sottrazione”, cioè negando tutti gli attributi insufficienti a definirLo.

La vera conoscenza di Dio quindi non può essere confinata in nessuna opera o pensiero logico, essa trascende qualsiasi ragionamento teologico, o pratica devozionale; persino la meditazione delle mirabili opere di Dio può risultare fuorviante.

Secondo Dionigi è la divina ignoranza (la nube della non conoscenza) che ci avvicina a Dio più di qualsiasi ragionamento umano.

Non si può conoscere Dio con la Ragione, non Lo si può comprendere con l’intelletto [ad es. cercando di dimostrare la Sua esistenza con il ragionamento logico – cfr. sant’Anselmo di Aosta e san Tommaso d’Aquino]. Lo si può solo scegliere amandoLo e desiderandoLo con tutta la volontà del nostro cuore” (pp. 6,7).

Qualcuno potrebbe chiedersi: perché l’autore di questo libro insiste tanto sulla importanza, anzi sulla superiorità della vita religiosa contemplativa? La risposta è a p. 165: “Se il contemplativo ha Dio, ha anche tutto ciò che c’è di buono, per questo non desidera niente [né cose, né persone – cfr “apatheia”2 ] in particolare, ma solo Dio, l’unico vero bene.” “A chi ha Dio non manca nulla” affermava santa Teresa d’Avila (cfr. il canto “Nada te turbe, nada te espante” musicato da J.Bertier per la comunità di Taizè). Ma allora la vita contemplativa è una specie di evasione dalla realtà, una “fuga dal modo” (fugat mundi), una rinuncia ad assumersi le proprie responsabilità famigliari, sociali, politiche che la vita comporta?

Una specie di “oppio” spirituale come ha affermato K. Marx parlando delle religioni?

Un ritirarsi nel “nirvana” buddista? Apparentemente può sembrare così e, effettivamente, esiste il rischio di un certo “misticismo[1]spiritualista” fine e sé stesso che certamente non corrisponde al messaggio evangelico. Però l’autore a p.113 fa un’affermazione interessante: “Nella contemplazione si realizza anche il secondo aspetto, quello della carità verso il prossimo. Infatti il contemplativo considera suoi fratelli [e sorelle] tutti gli esseri umani, parenti o estranei, amici o nemici.

Amico o nemico che sia ognuno è per lui un amico prediletto”. Inoltre nella storia della Chiesa vi sono state alcune contemplative e contemplativi vissuti sia “nel mondo” sia in monasteri o in eremi come, ad es. san Charbel Makhluf3 , monaco maronita che ha trascorso tutta la sua vita nel monastero di Saint Maroun ad Aanaya in Libano, rimanendo quasi completamente sconosciuto, che non ha scritto nessuna opera di teologia e non ha realizzato grandi opere di carità , eppure dopo la sua morte si è rivelato come un grande taumaturgo (sono avvenute 2 Apatheia: stato di perfezione contemplativa dello spirito, in cui nulla si aborre e nulla si desidera, secondo la dottrina degli stoici e degli epicurei (Dizionario di filosofia Treccani) 3 Charbel Makhluf (1828 – 1898) monaco cristiano maronita e presbitero libanese, canonizzato da Paolo VI nel 1977 centinaia di guarigioni scientificamente inspiegabili) e il luogo in cui è vissuto è diventato meta di pellegrinaggi da tutto il Libano e anche dall’estero. L’obiettivo delle diverse “vie mistiche”, non solo di quelle cristiane, è, come noto, l’unione del credente con Dio.

“Nato da Dio, il mondo è in moto verso di Lui. Questo movimento ascensionale, in quanto investe le intelligenze si compie in 3 momenti: la purificazione, l’illuminazione e l’unione contemplativa, che sbocca nell’inconoscenza dell’estasi, punto culmine della teologia negativa o apofatica “ ( L’oriente: lo pseudo Dionigi in: E.Balducci, Storia del pensiero umano, Ed. Cremonese, 1986).

Rimane da capire come sia possibile raggiungere questa meta sublime.

E’ sufficiente seguire le indicazioni “ascetiche” indicate in questo libro e in altre opere simili, oppure per entrare realmente in comunione con Dio occorre seguire la via della “carità” e, quando si presenta, anche la “via crucis”?

E ancora, l’unione con Dio è il risultato possibile degli sforzi umani di perfezionamento spirituale di sé stessi oppure, come sostiene Barsotti, poiché Dio nella Sua trascendenza infinita è di per sé irraggiungibile, è Lui stesso che “abbassandosi” (kenosis) offre gratuitamente all’essere umano la possibilità di entrare in comunione con Lui, anche indipendentemente dai suoi sforzi “ascetici” e persino dalle sue “virtù”? In conclusione, se “Non chi dice Signore, Signore! Entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21-23), e se “fare la volontà del Padre mio” significa imitare il modo di pensare, parlare e agire del Cristo storico descritto nei 4 Vangeli sinottici, il “Servo sofferente” profetizzato da Isaia (Is 53, 5-12), l’irradiazione della gloria del Padre e l’impronta della Sua sostanza (Lodi mattutine, invocazioni, 26 luglio), allora l’unione contemplativa con Dio non potrebbe essere semplicemente l’esito di una grazia speciale che il Signore può concedere ad alcuni Suoi discepoli e discepole, in alcuni particolari momenti della loro vita, come “pregustazione” e “caparra” dei beni futuri promessi nell’al-di-là a chi, nell’al-di-qua, ha vissuto come autentico figlio e figlia di Dio.