(Graziella Cortese)
Difficile dire qualcosa di nuovo sul nostro artista (e scienziato) più conosciuto e amato nel mondo: a cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci, avvenuta ad Amboise nel maggio del 1519, rimane intatto il fascino a volte misterioso dell’uomo che meglio espresse il sapere del Rinascimento italiano.
Ci ha provato il regista messicano Jesus Garces Lambert, già autore dell’apprezzato documentario dedicato al Caravaggio “L’anima e il sangue”; anche qui ha esposto in chiave documentaristica il ritratto dell’artista toscano, analizzandone i tratti più personali e cercando di decifrarne i pensieri (le parole sono estratte dal “Trattato sulla pittura”).
Siamo nella seconda metà del quindicesimo secolo, il giovane Leonardo si muove e si interroga sull’esistenza umana. Lo vediamo bambino desideroso dell’affetto materno, e poi allievo molto dotato alla bottega del Verrocchio. Le sue mani corrono sulla tela, ma lo sguardo va oltre; egli viaggia tra Firenze, Milano, la Francia, si trova alla corte di Ludovico il Moro e Lorenzo il Magnifico, lavora su commissione, sperimenta sempre tecniche nuove. Però spesso esprime la difficoltà di vivere nel proprio tempo.
La sua arte è un costante anelito verso la perfezione, e forse anche per questo molte opere rimangono incompiute.
Luca Argentero è spesso sorridente, in abiti cinquecenteschi e boccoli nei capelli, con una recitazione a tratti teatrale. La voce fuori campo di Francesco Pannofino descrive le immagini in modo forse un po’ troppo didascalico, anche nei momenti di rappresentazione delle opere più celebri.
La pellicola ha il pregio di sottolineare qualche particolare meno conosciuto, come il legame molto stretto che il protagonista ha con la Natura. In questo modo possono nascere riflessioni sull’epoca moderna e sull’eredità che abbiamo ricevuto.
Leonardo, fuori e dentro di noi.