In questi giorni tutti i media hanno raccontato della controversa decisione dell’Istituto Comprensivo di Pioltello di chiudere la scuola in occasione della festa mussulmana di Eid al-Fitr, che, il prossimo 10 aprile, segnerà la fine del mese sacro del Ramadan.
Mi ha incuriosito che la scuola fosse intitolata a Iqbal Masih, e che il plesso della secondaria si trovasse nella via con lo stesso nome, evidentemente straniero. Numerose scuole in Italia sono dedicate a Iqbal Masih, un bambino pakistano molto coraggioso, diventato simbolo in tutto il mondo della lotta contro la piaga del lavoro minorile. A questo ragazzino sono dedicate anche molte pubblicazioni e libri.
Ancor più sorprendente è la sua biografia. Iqbal nasce nel 1983 in una famiglia cristiana e poverissima. I cristiani in Pakistan sono oltre 2 milioni, ma rappresentano solo l’1,5% della popolazione. Sono chiamati Masihi, cioè il popolo del Messia. Iqbal, che significa “fortunato”, era parte del popolo del Messia. A soli 4 anni va a lavorare in una fornace, a 5 anni in una fabbrica di tappeti. Una vita da schiavo, incatenato ad un telaio. A 9 anni riesce a fuggire.
Inizia a partecipare alla lotta contro il lavoro minorile, diventando un simbolo mondiale della liberazione dei bambini cui è impedita la scuola e il gioco perché poverissimi. Raccontò la sua storia in tutto il mondo, ricevendo premi e riconoscimenti internazionali. Migliaia di piccoli schiavi, grazie a lui, furono liberati. Iqbal, il fortunato, aveva dato speranza a molti.
Voleva diventare avvocato per difendere i diritti dei più deboli, come lui. Ma non diventò mai grande. Il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, dopo aver partecipato alla Messa, era in sella alla sua bicicletta, quando fu assassinato, quasi certamente dalla “mafia dei tappeti”.
Aveva 12 anni. Con sé il giorno della sua morte aveva una Bibbia e un libro sulla Santa Pasqua: nella Bibbia una immaginetta con il volto di Gesù che segnava il capitolo 25 di Matteo: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”..