Uno spettro si aggira per il Paese: il calo demografico che avrà una importante conseguenza, la netta e costante riduzione del numero di studenti che frequenteranno le scuole italiane negli anni a venire.

Le proiezioni sulla popolazione scolastica tra i 3 ed i 18 anni, presentate dal Ministro Valditara, rilevano una riduzione a livello nazionale di 1.400.000 studenti da qui al 2034.

Nel solo Piemonte, si passerà da 566.882 studenti stimati nel 2023 a 469.776 nel 2034: un calo di 97.000 studenti in dodici anni, pari al 17 per cento della popolazione scolastica.

Questa riduzione dipende dalla crisi delle nascite, ma anche dal fenomeno di migrazione in uscita, per la ricerca di un lavoro o di una migliore collocazione lavorativa rispetto a quella offerta nel nostro Paese.

Lo svuotamento delle scuole non inizia ora, ma solo negli ultimi anni ha visto un’impennata.

In dieci anni il calo complessivo è stato di 722mila alunni; più consistenti nell’anno scolastico 2018/2019 con 75.000 alunni in meno, 100.000 nel 2021/2022 e 127.000 nel prossimo anno scolastico.

La riduzione della popolazione scolastica potrebbe essere un’occasione per ridurre il numero di alunni per classe e migliorare l’apprendimento, oppure è un’occasione per ridurre le classi (e quindi gli organici del personale) e risparmiare sulle spese per la scuola?

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito dovrebbe, per il prossimo anno scolastico, confermare le dotazioni organiche del personale docente ed ATA senza decurtazioni, prevedendo 9.000 docenti di sostegno e 4.400 docenti di scienze motorie nella scuola primaria in più, a saldo invariato.

Inoltre, sarà data la possibilità alle scuole disagiate o in aree soggette a fenomeni di spopolamento di diminuire il numero degli alunni per classe.

Il mondo della scuola è ad un bivio: scegliere se procedere sulla strada delle classi poco numerose, al fine di garantire il diritto all’apprendimento, migliorare la personalizzazione dei percorsi e consentire strategie didattiche innovative e allora, in tal caso, servirà una riforma del D.P.R. 81/2009 che definisce il numero di alunni per classe; oppure diminuire il numero di classi (quindi di docenti) e di studenti (quindi di unità di personale ATA), effetti che probabilmente saranno attenuati da un consistente numero di pensionamenti.

Ma per la scuola italiana, al 37° posto in Europa per il livello qualitativo delle proprie istituzioni scolastiche (dati OCSE PISA), rappresenterebbe l’ennesima occasione di miglioramento persa.

Doriano Felletti

Redazione Web