Nel corso dei secoli sono mutati i punti di riferimento che facevano parte del bagaglio culturale e spirituale di ogni credente vissuto nel medioevo, rendendo ardua una lettura dei simboli presenti all’interno delle chiese di quel periodo ed impedendoci di scoprire quanto esse siano il riflesso di una “cattedrale spirituale”.
Fortunatamente ci è pervenuta un’opera di Guillaume Durand (vescovo di Mende tra il 1287 e il 1296) che può aiutare gli interessati a comprendere le innumerevoli sfumature teologiche del pensiero medievale, donandoci gli occhiali per interpretare e capire in profondità ciò che vediamo.
In estrema sintesi, secondo Durand molte delle verità che non vediamo sono nascoste nell’ombra: da qui la sua battaglia contro l’ignoranza che ci conduce alla nostra rovina e al niente.
Il vescovo di Mende spiegava che ecclesia deriva da una parola greca che significa convocazione o assemblea: nell’uso comune, il luogo fisico dove questa convocazione avviene si è sovrapposto all’unione dei fedeli che lo abitano.
Di qui la cura attentissima e pregna di significati posta nell’edificazione e nella decorazione delle chiese.
L’edificio della chiesa deve essere costruito in modo tale che il capo guardi diritto verso l’oriente – secondo diversi studiosi anche il Duomo di Ivrea era orientato in questo modo prima della ricostruzione avvenuta dopo la distruzione operata dal terremoto del gennaio 1117 –, per indicare che la Chiesa si deve comportare con moderazione e giustizia nella gioia come nelle afflizioni.
Le pietre delle chiese sono le sue fondamenta nelle montagne sante, mentre la calce è la carità bruciante che unendosi alla sabbia (cioè le cose della terra e le loro affezioni) forma il cemento senza il quale nessun muro può essere duraturo e solido.
La chiesa deve essere lunga e larga e innalzarsi verso l’alto, cioè verso le virtù (ecco perché le cattedrali gotiche si elevavano sempre più verso il cielo), mentre l’altezza della navata rappresenta il simbolo della speranza, della ricompensa a venire, che le fa disprezzare la felicità e il dolore di questo mondo (mentre oggigiorno, dopo il concilio Vaticano II, la nostra sensibilità rivaluta il concetto sopracitato di assemblea, dove i fedeli sono un corpo unico della Chiesa, mutando così la percezione delle navate e degli altari).
Il fondamento del tempio di Dio è la fede, mentre il tetto rappresenta la carità che ricopre la moltitudine dei peccati.
La porta è l’obbedienza (poiché il Signore dice “Se vuoi entrare nella vita presta attenzione ai comandamenti”), mentre il pavimento è l’umiltà. Ma la porta della chiesa è anche Cristo: (“Io sono la porta”, dice il Signore in Lc 10, Gv 10) e il pavimento rappresenta nella chiesa spirituale i poveri di Cristo, i poveri di spirito.
Le mura laterali sono le quattro virtù principali della religione: la giustizia, la forza, la prudenza e la temperanza.
Le finestre, fatte di vetro trasparente, rimandano alle divine scritture, che respingono il vento e la pioggia e devono essere più larghe all’interno che all’esterno, poiché il senso mistico è più esteso e sorpassa il senso letterale: infatti le finestre rappresentano anche i cinque sensi del corpo che devono essere ristretti fuori per non attirare dentro le vanità del mondo.
Infine la sacrestia, dove si conservano i vasi e gli ornamenti sacri, rappresenta il seno della Vergine Maria, sorgente e alimento della vita nuova donataci in Cristo.
Danilo Zaia
Redazione Web