Si direbbe proprio che sia così: dal gran numero di iniziative dedicate al libro, agli scrittori spesso presenti in città a parlare dei loro lavori, passando per l’ancora elevato numero di librerie, centri motori di altrettante iniziative che insieme ad uno zoccolo duro di quelle storiche fanno letteralmente “girare la cultura”. Il tutto mentre in città anche più grandi delle nostre, spesso abbiamo notizia di importanti librerie destinate alla chiusura, se non addirittura già chiuse (penso alle “librerie di quartiere” a Torino).
Ma a ben guardarsi oltre alle librerie ci sono anche le biblioteche, necessarie per contenere tutti questi libri. Dopo l’invenzione della stampa e il conseguente incremento della produzione libraria, la biblioteca diventava lo specchio dell’immensità del sapere. Nasceva la biblioteca dei grandi saloni monumentali, con le pareti di libri organizzate per materia: la biblioteca enciclopedica che, all’inizio del ‘600, si apriva al pubblico. Le prime biblioteche aperte al pubblico in Italia furono la Ambrosiana a Milano e la Angelica a Roma. Poi i francesi vollero libri per il popolo e nacquero le biblioteche nazionali. Nell’Ottocento, prima negli Stati Uniti, poi in Europa, nascevano le biblioteche come servizi pubblici, le biblioteche per tutti. In Inghilterra, con una legge del 1850, si crearono tante piccole biblioteche legate alle comunità locali, finanziate con una tassa comunale; biblioteche dove anche coloro che non ne avevano i mezzi potevano accedere alla cultura letteraria, ai libri per conoscere un mestiere, ai libri per conoscere il mondo. Se i ricchi avevano biblioteche private, le classi medie e i ceti che volevano emanciparsi avevano le biblioteche pubbliche. Con il crollo dei prezzi del libro e la tecnologia, molte persone iniziarono a costruirsi una biblioteca domestica. Quindi le biblioteche ad un certo punto, iniziarono a servire utilmente i lettori per alcuni scopi essenziali: aiutarli a non ridursi ad avere l’appartamento invaso dai libri e dall’acaro della carta e, soprattutto, ad avere persone che trovano i libri che loro tengono in ordine (a differenza di chi scrive, ad esempio).
Recentemente sono stato a Biella e a Chivasso nelle rispettive biblioteche: due gioielli. La prima addirittura dona l’impressione di essere in un grande albergo già dalla stazione della funicolare del Piazzo, dove puoi aspettare in poltrona l’arrivo del tuo libro e poi ti accomodi in una salettina di studio. La seconda, rivoluzionaria perché sorta tra la stazione dei treni e quella dei pullman, è un un riparo sicuro e confortevole per il viaggiatore-lettore. I molti studenti danno un senso a questi luoghi. In realtà, io frequento molto spesso la Biblioteca di Ivrea che per ricchezza e rete bibliotecaria, da anni ha costituito un faro che squarcia il buio della notte. Ci porto pure il nipote di 18 mesi che sguazza nei salottini per i bimbi. Certo avrebbe bisogno di una risistemazione adeguata al suo rango, sistemazione di cui si sente parlare dalla notte dei tempi. Notte quella, non disturbata da nessuna luce.
Fabrizio Dassano