Il torrido e implacabile caldo estivo di domenica 19 giugno non ha impedito di compiere, dopo due anni di sospensione a causa dell’emergenza sanitaria, la solenne processione del Corpus Domini, guidata da monsignor Vescovo, che dalla Cattedrale è transitata sulla piazza retrostante, fino ad una Benedizione di fronte al Castello, nel punto più alto della Città di Ivrea e a pochi passi dall’ospedale, ricordando così quanti si trovano in situazioni di sofferenza e difficoltà.
Numerosa e raccolta la partecipazione dei fedeli, ma anche dell’Associazione Carabinieri e dei Vigili Urbani, così come di numerosi sacerdoti della Città e del Capitolo dei Canonici della Cattedrale.
“Con la Messa giungiamo al culmine delle meraviglie del Signore Gesù. Egli, squarciata la viva roccia e uscito dalla tomba, ascese al cielo, ma ha decretato il miracolo perpetuo per il quale è presente tra noi con il Suo Corpo e il Suo Sangue”; con queste parole di San John Henry Newman, nel corso dell’omelia monsignor Edoardo ha richiamato l’attenzione sull’importanza del mistero che si celebra nella Santissima Eucaristia: “È questa la più stupenda delle misericordie di Dio, che assume la nostra carne e il nostro sangue” per trasformarci in Lui, sino a dire, con l’Apostolo Paolo, “Cristo vive in me” (Gal. 2, 20).
“Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv. 6, 68): è l’anelito profondo di ogni cristiano, consapevole che, riprendendo le parole di Newman: “Fuori di Te chi può salvarmi? Chi fuori di Te può pormi in grado di vincere me stesso? Fuori di Te chi può strappare alla tomba il mio corpo? La Tua Carne e il Tuo Sangue sono l’unica mia vita”.
Solo da questa consapevolezza scaturisce una risposta dal cuore: “Voglio venire ad incontrarti, voglio aprire la bocca e ricevere il Tuo Dono. Lo faccio con grande timore e tremore, ma che altro posso fare? Da chi andrei se non da Te?”.
Il senso della processione, del percorrere un tratto di strada, breve o lungo, con il Santissimo Sacramento, è allora contenuto in tutto questo: Cristo è presente, “si dona a noi”, si fa cibo e bevanda di vita, “cammina attraverso i secoli e la storia”, per usare un’espressione cara a San Giovanni Paolo II.
Egli è davvero – come si canta nella sequenza composta da San Tommaso d’Aquino – il “buon pastore, vero pane”, “vero corpo nato da Maria Vergine” che sostiene nel cammino, nelle gioie e nelle prove della vita, verso il Regno dei Cieli.
Elisa Moro