L’evento è nell’aria. L’ordinazione a vescovo di Biella di don Roberto Farinella sta impegnando numerose energie a rendere il momento del distacco e della nuova responsabilità, semplicemente memorabile.
Da un lato l’emozione che valica la Serra, dall’altra la praticità di un mandato non certo semplice anche se la Serra è traforata da un comodo tunnel attraversato dalla Strada Provinciale n. 419 che unisce le due città. Si perché questo è anche un segnale. Sono città molto simili nelle loro molteplici differenze. Molti i giovani di Ivrea che lavorano a Biella e viceversa. Molti quelli di Ivrea che vanno a Biella a fare aperitivo il venerdì sera perché ci sono più locali. Anche con il maltempo la traversata della Serra è sempre molto bella. Soprattutto la sera quando si fanno un po’ di chilometri, appena dopo il tunnel, senza segnale del telefono, stando molto attenti a non investire un cinghiale…
Ci sono numerosi elementi di continuità storica: i quattro tracciati viari tra romanico e alto medioevo che collegano le due città, descritti recentemente da Albano Marcarini del Centro Studi Biellesi nel suo “Le antiche strade fra Ivrea e Biella. Alla scoperta dei siti romanici e alto medievali tra canavese e biellese”. Un altro riguarda la passata fortuna di Biella come città della lana. Secondo alcuni studiosi (come Guido Alfani, Matteo Di Tullio e Luca Mocarelli nel loro “Storia economica e ambiente italiano 1400 – 1850”) gli Spagnoli che occupavano Ivrea intorno al 1544, temendo il ritorno dei Francesi assedianti convinsero il governatore Cristoforo Morales (quello che fece erigere la Castiglia, tanto per intenderci) ad ordinare la distruzione di tre popolosi quartieri industriali, Bando, Pasquerio e Vicinasco in cui si concentrava la produzione dei panni che sfruttava la corrente della Dora Baltea. Pare che queste famiglie abbiano allora portato nel Biellese quelle tecnologie che poi si sarebbero sviluppate ancora meglio per la ricchezza energetica dell’acqua dei numerosi torrenti. Dopo la crisi bellica non ricomparve più l’industria laniera a Ivrea. De Morales perché fu così cattivo? Semplicemente doveva avere la vista completa sul perimetro della città per governare il tiro dei cannoni contro i francesi che poi avrebbero comunque preso la città.
I medesimi storici poi insistono ancora con la contiguità tra Ivrea e Biella: “I frequenti rapporti sociali tra Ivrea e Biella confermano quanto noto, grazie ad altre fonti, circa i loro stretti rapporti economici. Di fatto, le due città sembrano costituire, all’alba dell’età moderna, un sistema bipolare che svolge un ruolo fondamentale di organizzazione socio-economica-amministrativa di un ampio territorio all’estremità Nord-occidentale del Piemonte: con una connotazione più propriamente urbana, dal punto di vista funzionale, per Ivrea e più “produttiva” per Biella”. Tranquilli che siamo sempre nel ‘500.
Ma queste relazioni tra Ivrea e Biella costellano la storia: nel 1877 il “Monitore delle strade ferrate” annunciava che “il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici si è occupato del progetto di una “ferrovia subalpina da Castellamonte a Biella per Ivrea” lunga 41 chilometri. Evidentemente il Consiglio superiore di allora si era perduto da qualche parte.
Di Biella ricordiamo anche una silenziosa partecipazione ai funerali del vecchio Camillo Olivetti, lì riparatosi per sfuggire alle leggi razziali. Quando passò a miglior vita, molti lavoratori si recarono a loro rischio e pericolo da Ivrea e circondario per omaggiare a Biella quel signore della tecnologia meccanica con la barba bianca che si era spento durante la guerra civile e la persecuzione ebraica: era il 4 dicembre 1943.
Fabrizio Dassano