Le aziende insediate nel Canavese a partire dalla metà dell’Ottocento avevano inizialmente una dimensione artigianale: questo consentiva la formazione dei lavoratori attraverso l’insegnamento sul campo da parte degli operai specializzati.
Ma la crescente complessità dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro resero necessario il ricorso a modalità di formazione più strutturate.
L’Olivetti di Ivrea comprese fin da subito quanto fosse importante l’investimento sul capitale umano per migliorare la produttività.
Fu Camillo Olivetti ad avviare già nel 1894 un corso elementare sull’elettricità, frequentato da alcuni allievi che si apprestavano a lavorare nella prima società da lui fondata.
La rapida espansione dell’azienda e la crescente complessità del processo produttivo resero complicata la ricerca di personale specializzato e l’affiancamento dell’apprendista con un operaio esperto era diventato un modello superato.
Adriano Olivetti iniziò a pensare di organizzare una sistematica attività di formazione. Così, nel 1935, nacque il Centro Formazione Meccanici (CFM).
In realtà, fu preceduto da alcuni corsi di carattere sperimentale di cui Ferdinando Prat, uno dei principali promotori, scrisse: “Il primo abbozzo fu un gruppetto di ragazzi raccolto a parte nell’officina tra il 1934-35 e addestrato sotto la guida di un solo operaio al lavoro di lima da tre a cinque mesi. I primi risultati che se ne ebbero confermarono il vantaggio di istruire gli apprendisti a parte e direttamente, anziché sottoporli alla guida di operai anziani che lo facevano di mala voglia, spesso gelosi dell’allievo”.
Il CFM rappresentava un percorso di formazione professionale di durata triennale ma, nelle idee di Adriano, non doveva limitarsi a formare tecnici, bensì persone in grado di comprendere i problemi della fabbrica e la cultura del lavoro.
Era inoltre una parte importante del welfare aziendale che il sociologo Luciano Gallino definì “una forma di stato sociale alla svedese, perché prevedeva un’ampia copertura dei principali rischi e dei bisogni più urgenti che potessero capitare a una famiglia in una vita di lavoro”.
Potevano accedervi per concorso i giovani che avevano compiuto i 14 anni di età, in possesso della licenza di scuola di avviamento professionale o di scuola media.
La selezione era rigorosa e si basava su prove scritte e pratiche, un esame psicotecnico e una visita medica.
Gli allievi erano inquadrati secondo uno specifico contratto di lavoro e godevano di un salario ridotto del 10% rispetto a quello di un operaio comune di pari età.
Altri incentivi erano gli aumenti retributivi annuali in relazione al superamento degli esami e un sistema di borse di studio per i più meritevoli.
Nel secondo dopoguerra, le aumentate esigenze di formazione della Olivetti e la carenza di scuole superiori a indirizzo tecnico nel territorio Canavesano che accentuava il fenomeno della dispersione scolastica indussero l’azienda ad ampliare le iniziative.
Il CFM venne strutturato in due corsi. Il primo, di durata triennale, era destinato alla formazione dei giovani neoassunti; il secondo, di durata biennale e a cui si accedeva previo superamento di un esame intermedio, era orientato alla qualificazione specialistica: montatori e manutentori di impianti, macchine utensili e per ufficio, elettromeccanici, attrezzisti, disegnatori, addetti al controllo statistico e alle macchine universali.
Il corso triennale era a tempo pieno; gli insegnamenti prevedevano lezioni di cultura generale, civica, politica, artistica, economica e sindacale, ma c’era spazio anche per la lettura, le visite a complessi industriali, mostre e musei, la proiezione di film e di documentari; un cospicuo quantitativo di ore settimanali era dedicato agli insegnamenti tecnico/pratico professionali.
Qualora un allievo non fosse ritenuto idoneo, veniva fin da subito impiegato come operaio comune.
Il corso biennale era a tempo ridotto, riservato a coloro che avendo frequentato con successo il corso triennale erano già regolarmente assunti come operai qualificati e inseriti nei reparti di produzione.
Il piano di studi prevedeva lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche, curvate in funzione dei vari indirizzi specialistici.
Ma l’offerta formativa della “scuola Olivetti” non si limitava a questo.
Al termine del percorso quinquennale del CFM era possibile accedere ad un corso annuale di perfezionamento finalizzato a formare i capi dei reparti di produzione.
Agli operai generici, in possesso anche solo della licenza elementare, era offerta la possibilità di frequentare un corso, di durata annuale, di addestramento a indirizzo pratico, finalizzato a migliorare le proprie competenze.
Furono inoltre attivati corsi preserali e serali di cultura generale, disegno tecnico, cultura tecnica e disegno di macchine, aperti ai dipendenti ed ai loro familiari che costituivano credito per l’accesso al lavoro o ad altre attività di formazione, e vari corsi di perfezionamento.
Nel dopoguerra nacque l’Istituto Tecnico Industriale Olivetti, legalmente riconosciuto, che dopo un corso quinquennale di studi ordinati secondo i programmi ministeriali rilasciava il diploma di perito industriale.
L’Istituto rimase attivo fino al 1962 quando l’apertura di analoghe scuole statali rese ridondante l’offerta formativa: vennero istituiti l’Istituto Tecnico Industriale Statale per la Meccanica e l’Elettrotecnica “Camillo Olivetti” e l’Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato “Massimo Olivetti”.
Furono proprio il rafforzamento del sistema dell’istruzione pubblica e il mutamento di alcune caratteristiche dell’organizzazione del lavoro dell’azienda – quali lo sviluppo delle tecnologie elettroniche e l’ingresso delle macchine utensili che automatizzavano diverse lavorazioni – a far venire meno le esigenze che portarono alla nascita del CFM, che cessò la propria attività nel 1967 dopo avere formato, in oltre trent’anni di attività, circa 1400 giovani operai specializzati. doriano felletti
Redazione Web