(elisa moro) – “Una gioia che affonda le sue radici nella Croce”.

Grande gioia e festa in Cattedrale ad Ivrea,  per i dieci anni di sacerdozio di Don Giuseppe Sciavilla, giovane e stimato sacerdote della nostra Diocesi, conosciuto per i suoi molteplici e significativi incarichi, quali quelli di Vice Parroco della Cattedrale di Ivrea, di Cerimoniere e Segretario vescovile e di Vice assistente diocesano di Azione Cattolica.

Presenti il Sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore, numerose autorità militari e civili cittadine, i Cavalieri dell’ Ordine Equestre del Santo Sepolcro, oltre che la famiglia di Don Giuseppe.

Un “rendere grazie al Sacerdozio”: è questo quanto si è celebrato venerdì 28 giugno, alle 19.30, in Cattedrale, con la Solenne Santa Messa, nei primi vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, presieduta da Mons. Edoardo Cerrato (di cui ricorreva il 49° anniversario di Ordinazione Presbiterale) e concelebrata, oltre che da Don Giuseppe, da tanta parte del Presbiterio diocesano.

Riprendendo alcuni passaggi dell’omelia di Mons. Edoardo (riproposta integralmente nel video che completa questo breve articolo), si può focalizzare l’attenzione sulla definizione che San Giovanni Paolo II diede del sacerdozio: “dono e mistero”.

Riprendendo le parole del Santo Pontefice: “Nel suo strato più profondo, ogni vocazione sacerdotale è un grande mistero, è un dono che supera infinitamente l’uomo.

Ognuno di noi sacerdoti lo sperimenta chiaramente in tutta la sua vita. Di fronte alla grandezza di questo dono sentiamo quanto siamo ad esso inadeguati”.

Di fronte a questa consapevolezza scaturisce la necessità di un “radicale cammino di conformazione a Cristo”, nell’offerta totale della vita, a Lui e ai fratelli.

Il fulcro della Liturgia di Ordinazione sacerdotale è il gesto della prostrazione, al canto delle Litanie.

Esso simboleggia la totale disponibilità del candidato ad accogliere questo Dono infinito dell’Amore di Dio, ma anche l’accettazione alla sequela dei Cristo, sulla via della Croce e della salvezza.

Riprendendo nuovamente il testo di San Giovanni Paolo II:

In quel giacere per terra in forma di croce prima dell’Ordinazione, accogliendo nella propria vita — come Pietro — la croce di Cristo e facendosi con l’Apostolo “pavimento” per i fratelli, sta il senso più profondo di ogni spiritualità sacerdotale”.

Durante il Concilio, Wojtyla, nella Basilica di San Pietro, comporrà una poesia ricordando il momento, ormai lontano, di quella sua stessa prostrazione:

Sei tu, Pietro. Vuoi essere qui il Pavimento su cui camminano gli altri… per giungere là dove guidi i loro passi… / Vuoi essere Colui che sostiene i passi — come la roccia sostiene lo zoccolare di un gregge: / Roccia è anche il pavimento d’un gigantesco tempio. / E il pascolo è la croce”.

Guardando a Pietro, come ha ricordato nel breve, ma significativo intervento per i ringraziamenti finali Don Giuseppe (anche questo momento è integralmente riproposto nel nostro filmato), si rinnova il dono della propria vita alla Chiesa, nel servizio ai fratelli, con le parole dell’Apostolo Paolo:

sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”.

Sia la Vergine Maria, invocata con il titolo di Assunta in Cattedrale, a guidare il cammino di santità tracciato dagli Apostoli.

La vita umana è un cammino”, scriveva Papa Benedetto XVI nell’enciclica Spe Salvi:

Verso quale meta? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente.

Esse sono luci di speranza”.

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