Domenica 9 ottobre alle 15 in punto (“La puntualità è la cortesia dei re”, si dice), Sua Eminenza il cardinale Arrigo Miglio è arrivato davanti alla porta principale della cattedrale di Ivrea: la “sua” cattedrale.
Prima di entrare ha sostato qualche momento in preghiera e il suo ingresso, non trionfale ma semplice, quasi “in punta di piedi”, ha immediatamente creato un clima di devoto raccoglimento, spegnendo gli applausi che avevano incominciato a levarsi da qualche parte della chiesa.
Sorrideva pacatamente aspergendo i fedeli con l’acqua benedetta mentre percorreva la navata centrale per recarsi a salutare il “padrone di casa”, all’altare del Santissimo Sacramento.
Questo clima di raccoglimento e di profonda spiritualità era accentuato dal Coro della Cattedrale che aveva intonato “Ecce Sacerdos magnus” di Angelo Burbatti: parole altisonanti, adatte quindi alla circostanza, ma che grazie alla grande bravura della nostra compagine vocale avevano perso ogni valenza trionfalistica e avvolgevano misticamente i fedeli con garbo e raffinatezza, non disturbando, anzi accompagnando e stimolando lo spirito di preghiera che aleggiava sottile ma prepotente in tutta la chiesa. Ognuno dei presenti aveva, in quei momenti, ricordi, immagini, sentimenti personali…
Quanto al cumulo di sentimenti che provava il neo-cardinale, sono stati da lui espressi in tutta sincerità dal profondo del cuore, durante la celebrazione liturgica da lui presieduta e concelebrata dal vescovo di Ivrea monsignor Edoardo Cerrato e dal vescovo emerito monsignor Luigi Bettazzi.
Una lunga teoria di sacerdoti, giovani, meno giovani e anziani facevano corona al cardinale che tornava “a casa”; diaconi, suore e molti fedeli attenti e compunti davano la forte sensazione di essere “Chiesa”, unita da un profondo sentire comune, con il prezioso suggello dato dalla presenza di un Principe della Chiesa stessa.
In questa presentazione del cardinale Miglio alla Diocesi di Ivrea non potevano mancare le autorità, i saluti, i ringraziamenti e un certo contorno di ufficialità, ma tutto ciò non ha inficiato il significato vero – quello spirituale ed ecclesiale – dell’evento, che si è svolto, dall’inizio alla fine, sotto il segno di una grande commozione ed intimità affettuosa.
“La diocesi è Sua a titolo speciale” ha detto il vescovo Edoardo, presentando i saluti a nome di tutti, in particolare dei cardinali canavesani Bertone e Giuseppe e del vescovo Roberto Farinella. Monsignor Cerrato ha poi ripercorso brevemente la storia di monsignor Arrigo sotto il campanile del nostro duomo – seminarista, sacerdote, vescovo, ed ora cardinale, con il grande compito di camminare insieme ai fedeli verso la meta del cielo – prima di offrire al porporato, a nome della diocesi, una croce pettorale ed un anello appartenuti a un altro cardinale canavesano, l’alladiese Carlo Furno.
“Grazie al Signore per tutti i doni che ho ricevuto in questa diocesi e in questa Chiesa -, ha risposto il cardinal Miglio, prima di invitare tutti a chiedere perdono per tutte e volte in cui non abbiamo riconosciuto i doni di Dio, affidandoci alla Sua misericordia”.
Nell’omelia del cardinale Miglio ho ritrovato la bella, lucida consequenzialità delle prediche del “nostro” monsignor Arrigo, arricchita – mi pare – da un pizzico in più di calore e di affetto.
“Un grande grazie a tutti, un abbraccio a tutti voi nella ‘mia’ Chiesa!”, ha esordito, confessando poi che, nel succedersi frenetico degli avvenimenti legati alla nomina cardinalizia, non ha ancora capito bene la portata e il significato di questa nuova missione che il Papa gli ha affidato.
“Forse l’ho capito meglio oggi: essere abbracciati nella tua comunità fa scendere più in profondità”.
Tutta l’omelia è stata incentrata sul tema della gratitudine, alternando le considerazioni sul ringraziamento di Naaman il Siro e di uno dei dieci lebbrosi guariti da Gesù (nelle letture della Messa del giorno), e i ringraziamenti personali del cardinale a quanti lo hanno aiutato nella sua vita a portare avanti il progetto di Dio su di lui a partire dai primi maestri, sacerdoti, compagni, professori, collaboratori, amici, con un indirizzo speciale a monsignor Bettazzi per la sua “paternità” e a monsignor Cerrato per la sua “cordialità fraterna”; infine il ringraziamento al Papa per la porpora cardinalizia: “È un grazie ancora non del tutto pieno: il Papa certamente vuole chiedermi di continuare a far qualcosa per la Chiesa, offrire ancora il mio servizio, perché nulla ci è dovuto e tutto ciò che riceviamo è totalmente gratuito”.
Come i 10 lebbrosi guariti oggi “mi mostro ai sacerdoti, a quelli conosciuti e a quelli più giovani che non conosco, ma che sono pronti ad offrirmi la cosa di cui ho più bisogno e che chiedo a tutti: la preghiera”.
Al termine una esortazione ad imitare il lebbroso samaritano (straniero, malvisto, senza diritti) che va oltre le norme e le pratiche perché ha fiducia in Gesù che lo salva: “Con lui e per lui viviamo moriamo e risorgeremo”.
Questo è l’esempio da seguire, affidandoci a Maria per “essere uniti nella preghiera ed essere pronti per quel cammino di evangelizzazione a cui il Signore ci vuole chiamare”.
A fine Messa in molti si sono stretti al cardinale Miglio in una commossa e gioiosa festa di famiglia.
Carla Zanetti Occleppo