È il decimo “S. Savino” che celebro a Ivrea, la Città, ricca di storia più che bimillenaria, giustamente orgogliosa delle sue tradizioni, divenuta – ci tengo a dirlo – anche mia non solo per la residenza, ma perché fin dal mio arrivo l’ho sentita accogliente nei miei confronti, capace di rapporti sinceri, consapevole che il Vescovo è una presenza non solo iscritta nella vita della Chiesa.

Ho sottolineato più volte, in questi dieci anni, il valore della Festa patronale come momento importante per l’intera Città ed ho cercato di mettere in luce la ricchezza di valori umani e cristiani in cui la Festa affonda le sue radici.

Ai credenti ho indicato in San Savino, vescovo e martire, un esempio di fede vissuta; a coloro, che credenti non sono, un testimone del coraggio con cui si è chiamati ad affrontare le situazioni difficili della vita dei singoli e della società.

Di tali situazioni, nel tempo in cui Savino è vissuto, molte hanno reso difficile la vita. Ma Savino è testimone che le notti e gli inverni che scandiscono le vicende del mondo non negano possibili “albe” e nuove “primavere”.

Il problema è quando nell’inverno non si crede nell’avvento della primavera; e nella notte non si crede nel sorgere di una nuova alba…: l’esito amaro, in tal caso, è la disillusione, lo scoraggiamento e lo sconforto che anche oggi non mancano nelle persone e nel vivere sociale.

La responsabilità a cui il Santo ci interpella è quella di ognuno, a tutti i livelli e in qualsiasi ambito; è la volontà di un esame onesto, per non applicare come terapie magari le cause che hanno determinato – o contribuito a determinare – certi esiti che ci affliggono…

La festa di S. Savino, festa della Città, sia occasione per tutti di un momento di serena riflessione.

Edoardo, Vescovo