In memoria di don Beppe Scapino, mancato due settimane fa, abbiamo ricevuto molti messaggi di condoglianze.
Tra essi, quello di don Corrado Avagnina, storico direttore de L’Unione monregalese (il settimanale diocesano di Mondovì): “Di don Beppe conservo un ricordo grato per l’amicizia schietta e illuminante che sapeva coltivare. Era sempre incoraggiante confrontarsi con lui ed attingere alla profondità delle sue intuizioni e delle sue valutazioni.
Per lui una preghiera riconoscente da parte mia”.
Qui di seguito pubblichiamo invece questo ricordo a firma del suo confratello e antico compagno di seminario don Giancarlo Boffa.
Conobbi don Giuseppe Scapino nel lontano 1955, quando entrambi iniziammo la prima media al seminario minore di Ivrea. Allora i Seminari, come gli altri collegi, erano istituzioni molto severe, con una disciplina assai ferma. Frequentammo tutti gli anni di Seminario insieme fino all’ordinazione sacerdotale, che richiese allora al giovane Monsignor Bettazzi un grande “tour de force”.
Nella prima mattina di quel sabato 29 giugno 1968 (allora la festa dei Santi Pietro e Paolo era di precetto), monsignor Bettazzi ordinò don Genesio Berghino a Palazzo Canavese, poi toccò a me in Duomo ad Ivrea, quindi nel pomeriggio a Caluso venne ordinato appunto don Giuseppe Scapino; il giorno seguente fu poi la volta di don Claudio Enriello a Cossano e nel pomeriggio vi fu l’ordinazione di don Dario Bertone a San Benigno.
Se aggiungiamo che nel settembre successivo a Chivasso fu poi ordinato don Giuseppe Bergesio (che già pensava di diventare missionario), credo sia necessario andare almeno agli anni Quaranta con monsignor Rostagno, per avere tanti sacerdoti diocesani ordinati nella stessa annata.
Nel nostro primo anno di sacerdozio, fummo destinati viceparroci don Scapino a San Benigno, io a Chivasso. Si andava però due giorni alla settimana a Milano, alla Facoltà teologica (pur se, quanto ad esami, non ne abbiamo sostenuto nessuno).
L’anno seguente, il 1969, don Beppe fu mandato a Lovanio per studiare sociologia, io a Roma per la liturgia.
Al ritorno dal Belgio, Monsignor Bettazzi lo scelse come suo segretario per alcuni anni. Poi per qualche anno fu a San Lorenzo ad Ivrea, insieme a don Renzo Gamerro e don Battista Giovanino.
In seguito, l’invio a San Giovanni di Ivrea, dove fu eretta una nuova Parrocchia (che egli guidò per oltre 40 anni) e costruita ex-novo la chiesa. Don Giuseppe vi mise tutto il suo zelo, con tanta dedizione ed entusiasmo.
Gli fu anche affidata la direzione del nostro giornale “il Risveglio popolare”. Le sue idee politico sociali erano progressiste “e di punta”: non tutte le condividevamo (e forse le capivamo)
in pieno, ma riconoscevamo la sua cultura, la sua grande onestà intellettuale, la sua fede, la sua dedizione incondizionata al Breviario (Liturgia delle Ore). Quando gli fu chiesto di lasciare il “Risveglio”, egli seppure con dolore obbedì (“È nel diritto del Vescovo”, disse). Fu anche per alcuni anni Cancelliere Vescovile: io un poco lo aiutai in questo compito, prima che toccasse poi a me sostituirlo addirittura per 22 anni (dal 1988 al 2009), con la collaborazione preziosa per tutto il periodo di Monsignor Battista Giovanino, ora cancelliere, e negli ultimi anni anche di Monsignor Gianmario Cuffia, ora Vicario generale.
Don Giuseppe era un uomo molto sensibile all’amicizia, sia con i laici che con i sacerdoti (quanti incontri fatti insieme!). Era anche grande tifoso della Juventus.
Poi l’ultimo periodo della sua vita coincise con circa due anni segnati dalla sofferenza.
Il Signore ha voluto che egli facesse spiritualmente del bene così e si preparasse all’incontro con Lui, con le condizioni migliori. Con questa stessa serena consapevolezza don Scapino ha affrontato l’ultimo tratto della propria esistenza e del suo ministero.
Aggiungo un ultimo ricordo personale: ricordo di aver partecipato, con don Giuseppe, a Milano, ad una conferenza del Cardinale Léon-Joseph Suenens, uno dei moderatori del Concilio Vaticano II e suo grande protagonista.
Il presule belga affermò che una antica formulazione dell’antico Catechismo di San Pio X poteva forse essere integrata: “Dio ci ha creato per conoscerlo (farlo conoscere), per amarlo (farlo amare), servirlo (farlo servire), per goderlo poi un giorno in Paradiso”. È quanto don Giuseppe ha fatto nel suo ministero.
Dal Paradiso, don Giuseppe, prega per i tuoi cari, per i tuoi parrocchiani, per tutti quelli che ti hanno voluto bene ed anche per me. Grazie.
don Giancarlo Boffa Tarlatta