Giorgio Beretta, analista del commercio di sistemi militari e “armi leggere” e ricercatore Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia, ha presentato allo Zac! il suo libro “Il Paese delle armi. Falsi miti, zone grigie e lobby nell’Italia armata” (Altreconomia edizioni), in una serata organizzata da Mir, Emergency, Anpi, Pax Christi, Centro Gandhi, Movimento Nonviolento e Cgil di Ivrea.

Il libro è frutto di una accurata inchiesta sulle armi cosiddette leggere o comuni, cioè per difesa personale, attività venatoria, tiro sportivo, guardie giurate e forze dell’ordine.

L’Italia è il primo Paese europeo produttore ed esportatore di armi leggere, sia automatiche per uso militare che semiautomatiche e a colpo singolo.

Gli Usa sono il maggior acquirente di questo tipo di armi, terribilmente diffuse e usate per crimini e stragi.

Su questo aspetto, il coordinatore Pierangelo Monti ha proiettato un pezzo di un servizio trasmesso cinque anni fa dal programma televisivo “Presa diretta” di Riccardo Iacona.

Che motivo c’è di sostenere il porto d’armi per difesa personale, se in Italia il tasso di omicidi, seppur sempre grave, è più basso di quello degli altri Paesi europei, mentre sono aumentati i femminicidi con armi detenute legalmente?

Però i mass media spesso diffondono insicurezza e incentivano il bisogno di portare armi per difesa personale, unicamente a vantaggio delle lobby del complesso militare industriale.

Beretta, con ampio supporto di dati, smonta il luogo comune della utilità del porto d’armi e quello del valore occupazionale dell’industria delle armi.

Nel settore della produzione di armi leggere sono occupati in Italia 3.300 lavoratori, per un fatturato di 680 milioni.

I dati attestano che i soldi investiti in ogni altro settore produttivo danno più occupazione che in quello degli armamenti.

Beretta dice che è facile in Italia avere la licenza di porto d’armi e il nulla osta per l’acquisto di armi: basta essere incensurati, avere un certificato medico che attesti la salute fisica e mentale e aver frequentato un corso di tiro a segno.

Con il nulla osta si possono acquistare e detenere in casa o sul luogo di lavoro fino a 3 pistole, 12 fucili semiautomatici e vari fucili da caccia a colpo singolo.

Circa 650 mila persone hanno la licenza di caccia, 600 mila quella per tiro sportivo, 12 mila il porto d’armi per difesa personale per motivi particolari e 50 mila sono le guardie giurate.

Poi ben oltre un milione di persone hanno il nulla osta per avere un’arma…, ma su questo manca un database nazionale.

L’autore ha evidenziato come, per accertare la salute del richiedente il nulla osta, non siano richieste analisi clinica tossicologica e visita psichiatrica, ma sia sufficiente un’autocertificazione controfirmata da un medico, come per una normale patente di guida.

Il rinnovo della licenza è quinquennale: nel frattempo chi ha armi può ben perdere la salute psicofisica ed essere pericoloso.

Beretta ha poi risposto alle domande del pubblico su produzione e commercio di armamenti.

Su ciò l’informazione fornita dagli istituti governativi è carente: per esempio non vengono comunicati regolarmente alle Camere i dati dettagliati sull’import-export di armi, come previsto dalla legge 185 del 1990, secondo la quale le aziende italiane non dovrebbero vendere armi a Paesi sottoposti a embargo, in stato di guerra e responsabili di violazioni di diritti umani.

Eppure risultano essere venduti grandi quantitativi di armi a Qatar, Egitto, Arabia, Emirati Arabi, Pakistan…

E, contravvenendo allo spirito, se non alla lettera della legge, il governo italiano consegna armi all’Ucraina.

m.p.

Redazione Web