(Fabrizio Dassano)
Pioverà fino a domani, venerdì: così proclamano le previsioni meteorologiche.
Bene, ci andava proprio. Il verde delle foglie appena spuntato è un verde di colore nuovo, lucido e luminoso che sembra bearsi dell’acqua che lo bagna. Qualche giorno di vacanza aumenta la possibilità di restare addormentati osservando il panorama della pioggia alla finestra di casa. Il rumore delle gocce sembra la sinfonia dell’acqua sulla natura. Al buio brilla la pioggia in controluce sui lampioni arancioni. I fiumi tornano a gonfiarsi e siamo meno preoccupati di prima, di quando la lunga siccità invernale aveva abbassato il livello dei torrenti e fatto lanciare grida d’allarme sulla mancanza d’acqua nella prossima stagione.
Si potrebbe dire che tutto è bene ciò che finisce bene. Invece no, perché nel frattempo ho perduto un altro ombrello: non mi ricordo dove l’ho lasciato, oppure me lo hanno preso. Perché il dramma dell’ombrello in una città come Ivrea ha raggiunto limiti quasi intollerabili. La cosa che fa più arrabbiare è che si verifica esclusivamente quando piove. Non abbiamo mai letto sui giornali di un ladro che penetra negli appartamenti a rubare ombrelli. Certo che no! Però nell’eporediese quando piove scatta qualcosa… Qualcosa di inquietante, di sinistramente latente nella coscienza dell’abitante medio che si scatena irrefrenabile. L’istinto primordiale di aggiudicarsi l’oggetto della necessità momentanea.
Un detto attribuito a Napoleone Bonaparte recitava che in certe occasioni un buon ombrello è meglio di un buon moschetto. Dopo essersi accorti che si è rimasti senza il proprio ombrello, scatta la tecnica che è grossomodo la seguente: aggirarsi nei luoghi affollati, entrare e uscire da esercizi pubblici e a quel punto, individuata la vittima, si procede con passo svelto e sicuro, si agguanta il primo ombrello che capita con disinvoltura, come per dire: “Quello è il mio ombrello, mica ho bisogno di cercarlo in mezzo agli altri! Lo conosco bene io, il mio ombrello!”.
Se si è maschi bisogna proiettarsi su ombrelli scuri, tutti abbastanza simili. Se si è femmine su uno colorato, vistoso. Zac! Un attimo e siamo salvi fino al prossimo turno. Si, perché se andiamo in un altro luogo pubblico la situazione si ripresenta quasi subito.
Il dramma nel dramma è quando tra una faccenda e l’altra smette di piovere. L’abitante torna quieto: la bestia che lo faceva agire in maniera demoniaca torna nascosta nei reconditi anfratti della propria psiche. I portaombrelli traboccano di ombrelli dimenticati, che vengono ceduti poco alla volta a chi capita di venire a reclamare un ombrello perduto.
Adesso per dare speranza alla locale industria elettronica languente, si sta pensando ad una App che ci permetterà di ritrovare gli ombrelli. Il chip contenuto nel manico dell’ombrello comunicherà al Gps la posizione dell’ombrello perduto e noi lo inseguiremo per la città guardando lo schermo dello Smartphone. Sempre che nel frattempo non si sia rimesso a piovere!