Anche quest’anno nei “nove passi” del cammino verso Betlemme siamo stati accompagnati dalle meditazioni che il vescovo Edoardo ha tenuto nella Novena di Natale nella chiesa di San Maurizio. “Contempliamo a Betlemme nella mangiatoia colui che, ancora infante, è già ‘sacerdos et hostia’, l’agnello senza macchia immolato sulla croce. Contempliamo il mistero di Cristo nella sua completezza: da Betlemme al Calvario, un unico atto d’amore!”.
“Benedetto colui che viene nel nome del Signore”: sembra strano che l’uomo possa benedire il Signore, ma la Scrittura stessa c’invita a farlo. L’uomo deve ringraziare per i doni ricevuti e proclamare l’onnipotenza di Dio. Benedire Dio è adorazione, base del nostro rapporto con lui.
Esemplare in proposito il Salmo 103 “Benedici il Signore anima mia…”: noi oggi lo cantiamo arricchiti dal fatto di essere cristiani, dopo la grazia dell’incarnazione.
Le meditazioni sono state guidate dalle litanie (meglio, “acclamazioni”) che si recitano dopo la benedizione eucaristica “Dio sia benedetto…”; acclamazioni che, partendo da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, si allargano a Maria e Giuseppe, gli Angeli e i Santi. “Beato Gesù Cristo vero Dio e vero uomo”: adoriamo Gesù, il suo nome, il suo cuore, il suo sangue, la sua presenza nel Santissimo Sacramento dell’altare.
Ringraziamo per il dono immenso dell’Eucarestia!
È bello visitare la Terra Santa, commuoverci a Betlemme, ma non possiamo starci sempre!
Gesù lo abbiamo sempre qui nei tabernacoli, presente per noi in corpo, sangue, anima e divinità.
San Paolo nella Lettera agli Efesini spiega le ragioni delle benedizioni dovute a Dio: ci ha portati nel cuore da sempre, dall’eternità ha atteso il nostro “sì”, predestinandoci a essere suoi figli adottivi, ci ha redenti, ci ha offerto la salvezza, e tutto questo lo ha compiuto nel Figlio suo amatissimo attraverso lo Spirito Santo che vive in noi, nei nostri cuori, e pronuncia la lode più vera, “Abbà” (Padre).
Da tutta la terra e le galassie sale una sinfonia di lode a Dio, ma solo l’uomo loda coscientemente, in un rapporto personale, ed è sacerdote e poeta dell’intera creazione.
“Benedetto lo Spirito Santo Paraclito”.
Lo Spirito Santo è l’amore che costituisce il cuore della Trinità, che unisce il Padre e il Figlio nel dono reciproco. Mistero insondabile di amore che ci coinvolge, plasma i credenti in Cristo, innalza a vertici sublimi ogni azione del cristiano, rende possibile il dono della salvezza nei sacramenti, opera il prodigio della transustanziazione, “cristifica” tutto ciò su cui si posa.
È lo Spirito da cui fu concepito Gesù, il soffio divino che Gesù ci diede dalla croce e che rinfrancò i pavidi discepoli.
“Benedetta la Gran Madre di Dio Maria Santissima”.
Il cammino di fede di Maria è offerto ai discepoli di tutti i tempi attraverso le sue parole riportate dai vangeli, a partire dal “Com’è possibile”? detto all’angelo annunziante. Anche noi ci chiediamo “Com’è possibile” che la nostra vita si trasformi in qualcosa di sublime pur nei drammi della nostra esistenza.
Com’è possibile rallegrarci di essere “Cristi”? (Sant’Agostino).
I passi di Dio nei nostri passi, Dio dentro di noi, nella nostra vita! Solo un mira[1]colo può realizzare ciò.
E il miracolo accade con l’“Eccomi di Maria”! Diciamo anche noi con Maria: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”! E “fate ciò che lui vi dirà”. E sul Calvario, col cuore stretto nella morsa del dolore, la Madre accetta l’invito del Figlio ad allargare il cuore per accoglierci tutti come figli. Maria ancora una volta dice il suo “sì”.
“Beato San Giuseppe suo castissimo sposo”.
La Scrittura non riporta parole di Giuseppe, ma presenta il suo splendido itinerario di fede.
Fa quello che gli è chiesto, placa la tempesta dei dubbi con un ascolto tradotto in obbedienza, con decisione e coraggio.
L’amore non sopporta l’inerzia!
Capisce che Maria non gli è tolta, ma è chiamato ad amarla in modo nuovo e più intenso, con un amore senza possessività.
La verginità di Giuseppe inaugura la verginità cristiana: donazione di sè a Dio per amarlo di più e per amare di più le persone a cui il dono di Dio è destinato.
Verginità come fecondità più grande, non rinuncia, ma donazione più grande.
Verginità a cui tutti i discepoli di Cristo sono chiamati, celibi o sposati, che è spazio per Dio e spazio nel rapporto con gli altri, il tutto vissuto nella dimensione del dono.
“Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi”.
Il benedetto è Dio: lo lodiamo per il dono degli angeli e dei santi.
Gli angeli servono la realizzazione del disegno salvifico del Padre.
I santi, canonizzati o no, vivono la beatitudine eterna e intercedono per noi, testimoniando che chi rimane fedele a Dio sperimenta la beatitudine dell’eternità già in questa terra.
Fin dalla mangiatoia il bimbo Gesù è la piena realizzazione delle beatitudini che proclamerà sul monte, e che non sono una serie di precetti, ma una serie di miracoli!
Carla Zanetti Occleppo
Redazione Web