Chiesa di San Grato gremita, martedì mattina, per l’ultimo saluto a Carlo Alberton, spirato all’ospedale di Cuorgnè venerdì scorso, all’età di 87 anni, per le complicazioni legate a un problema polmonare.

Ha lasciato la moglie Luciana e le figlie Silvia e Luisa, alle quali Il Risveglio Popolare esprime le proprie condoglianze.

Uomo di grande gentilezza, impegno e rigore, Carlo Alberton è cresciuto e si è formato nel solco del cattolicesimo democratico: in gioventù è stato presidente delle Acli eporediesi, per poi approdare a un impegno in favore della cosa pubblica in ambito cittadino, militando nella Democrazia Cristiana, quindi nel Partito Popolare e nel Partito Democratico.

In puro spirito di servizio ha svolto il ruolo di consigliere comunale, di membro del consiglio di amministrazione della Casa Saudino e dell’ospedale civile (ai tempi in cui la Sanità era organizzata molto diversamente rispetto ad ora).

Olivettiano convinto, non ha mai mancato di esporsi quando si è trattato di lottare per garantire maggiori diritti ai lavoratori.

A fianco dell’impegno civico, Carlo non ha mancato di alimentare alcune sue grandi passioni.

Ad esempio quella delle bocce: è stato fiduciario della sezione Bocce del Gruppo Sportivo Ricreativo Olivetti – ai tempi in cui questo prosperava, coinvolgendo migliaia di soci –; sempre in ambito olivettiano, è stato tra i volontari che hanno garantito il servizio di apertura ai visitatori della chiesa di San Bernardino.

Ma, su tutto, Alberton sarà ricordato per il suo amore viscerale per il Carnevale: in gioventù ha militato tra gli aranceri delle Picche, e successivamente ha dato un grande impulso alla Fagiolata benefica del Castellazzo, della quale è stato dapprima tesoriere prima e poi presidente. Senza scordare l’impegno come consigliere e vicepresidente nel Consorzio del Carnevale.

Questa dedizione gli è stata formalmente riconosciuta nel 2008, quando insieme al notaio Gian Maria Soudaz è stato chiamato a far parte del Supremo Ordine degli Oditori et Intendenti: la “hall of fame” della comunità carnevalesca eporediese.