Ascolta il podcast “Della mia anima ne farò un’isola”.
IVREA – Esperienza “al di qua del muro” per gli studenti dell’Istituto di istruzione superiore “Martinetti” di Caluso che domani, venerdì 4 aprile, si recheranno alla casa circondariale per assistere a “Della mia anima ne farò un’isola”, lettura scenica della compagnia Liberi di Recitare tratta dal libro “Fine pena ora” di Elvio Fassone, regia di Simonetta Valenti, musiche di Nicola Giglio.
È la stessa regista a raccontare com’è nata la rap- presentazione. “Due anni fa – spiega – inizio un labora- torio di lettura in una sezione particolare del carcere, isolata dal resto dei detenuti comuni, che ospita i collaboratori di giustizia: uomini, nati al sud, scolarità bassa o nulla, ex mafiosi. Propongo loro di leggere ‘Fine pena ora’ dell’ex magistrato Elvio Fassone. Dopo i primi incontri in cui ci si annusa – c’è chi segue e chi no, chi va spesso fuori a fumare, chi interviene subito e chi parlerà dopo tanto – inizia a prendere forma una relazione. La lettura prosegue sempre più a rilento, perché continuamente c’è chi interviene, ricorda, si riconosce in quelle pagine. E a metà circa esce fuori una proposta: facciamo il teatro? Urca! Certo che lo facciamo, il teatro”.
I personaggi sono due: il Giudice (Fassone) e Salvatore; quasi subito si individua chi li interpreterà. Si scelgono insieme le scene da rappresentare e alla regista viene un pensiero: “Ma se a un certo punto, alla fine di ogni scena, uno di voi si staccasse, andasse a leggio e leggesse un pezzo scritto da lui, su una scena che gli ha rievocato un pezzo di vita, passata o presente?”. Gli attori accettano.
“Della mia anima ne farò un’isola”, il titolo, è una frase di uno di questi pezzi a leggio. Giacchè i detenuti non possono uscire dal carcere, sono state proposte finora tre repliche interne, una per le scuole che hanno portato in carcere quasi 400 persone, “nessuna delle quali – prosegue Valenti –, garantisco, è uscita uguale a quella che aveva superato i cancelli due ore prima. Non è la bravura attoriale (‘guarda che bravi, i detenuti…’), no. Sono quei pezzi. É aver sentito risuonare dentro qualcosa, ascoltando quella lettura, averlo guardato, essere riusciti a tirarlo fuori e a buttarlo su un pezzo di carta (preziosissimi quei fogli scritti a mano, che ho mantenuto intatti, errori compresi, e tengo come un tesoro), condiviso poi con gli altri e con me. E poi con il pubblico. Ognuno che va a leggio condivide un imperdibile pezzo di vita. Che regalo pazzesco”.
Ora la quarta replica, ancora per le scuole come detto. Domani, con gli studenti del “Martinetti”.
“Da lì – prosegue la regista – nasce un rapporto di immenso affetto, complicità, rispetto che dura ancora oggi. Nasce pure un video, meraviglioso, dove loro si fanno riprendere con una maschera che rende impossibile riconoscerli. E che oggi, dopo mesi, è ancora fermo…. Un video con cui potremmo vincere premi e dare lustro a questo carcere, troppo spesso invece sulle prime pagine per vicende bruttissime…”.
Il lavoro “dentro” continua. A Simonetta i detenuti chiedono di parlare di femminicidio, di violenza contro le donne. Uomini, nati al sud, scolarità bassa o nulla, ex mafiosi: se non è un segno di cambiamento questo… Si legge “Oliva Denaro” di Viola Ardone, si parla di Franca Viola e i reclusi, anche in quel caso, “tirano fuori” pezzi di vita preziosi. Ultimamente è iniziato un progetto di scrittura, sempre proposto da loro: vogliono tornare indietro ai loro primi anni di vita, raccontarsi, capire cosa è successo, cosa ha fatto sì che a un certo punto abbiano preso “quella strada”.
“Se suo figlio fosse nato dove sono nato io…” dice Salvatore a Fassone in “Fine pena ora”…