(Filippo Ciantia)
L’abitato di Venegono Superiore è dominato da un imponente castello. Il primo millennio volgeva alla sua fine e gli Ungari, con continue incursioni, avevano saccheggiato e devastato i territori di mezza Europa: il re d’Italia Berengario I forzò i signori locali a costruire castelli e fortilizi per difendere le popolazioni e i loro beni.
Dal 1921 il castello di Venegono ospita i missionari comboniani: noviziato, teologia, formazione ed animazione missionaria. L’inizio delle celebrazioni del centenario di presenza dei seguaci di San Daniele Comboni coincide, ahimè, con la conferma che questa bella sede cambierà proprietà e i pochi missionari rimasti andranno altrove.
Riflettendo su questa storia secolare e considerando i prossimi eventi, ricordavo quanto importante per me fosse stato l’incontro con questi uomini, puntualmente con la barba, che a decine nei fine settimana – in bicicletta, moto e a piedi – visitavano le parrocchie, dove “facevano il catechismo”, arricchendolo di storie affascinanti e di racconti di popoli e terre lontane. Nacque così in me la passione alla missione ad gentes, che tanto ha segnato la mia vita.
Quando mi trovai ad organizzare attività umanitarie per le popolazioni sfollate in nord Uganda a causa della guerra, fu il vivido ricordo del “mio” castello, che fece venire l’idea di erigere fortezze per proteggere donne a bambini dalle scorrerie dei guerriglieri, che rapivano, rubavano e uccidevano. Così, attorno ad alcuni campi profughi, costruimmo grandi recinti in muratura, novella rete di fortezze a protezione della gente e dei loro pochi averi, soprattutto dei figli, spesso rapiti per farne bambini soldato.
Le celebrazioni di questo glorioso e triste centenario diventano l’espressione di una gratitudine profonda per tanti sacerdoti e fratelli, tra cui molti martiri, che proprio in questo castello si sono preparati alla missione nella “Nigrizia” e, in queste terre, hanno acceso la fede di numerose generazioni.
La memoria di questa storia illustre “può aiutare a costruire un mondo più umano, più accogliente”. Il castello continuerà ad essere segno della fortezza.
La virtù dei “santi del quotidiano che vivono nascosti in mezzo a noi. Onorano la nostra Chiesa perché sono forti: forti nel portare avanti la loro vita, la loro famiglia, il loro lavoro, la loro fede”. (Papa Francesco)