(di Graziella Cortese)
Accanto all’atteso remake di “Dumbo” firmato Tim Burton, un po’ snaturato rispetto al timido elefantino versione Disney, è comparso nei cinema italiani un altro film di animazione che festeggia un compleanno importante: venti anni per “La gabbianella e il gatto”, il capolavoro di D’Alò divenuto il cartone animato italiano che ha raggiunto il maggior successo commerciale di sempre (anche in campo internazionale).
La storia è nota: pare prelevata dai titoli nelle prime pagine dei giornali, ha l’odore del petrolio che invade i mari del mondo, ma conserva il sapore delle cose buone, si parla anche di tolleranza e di buffe “famiglie allargate”.
Nel porto di Amburgo c’è grande subbuglio: i gatti della zona devono assistere, loro malgrado, alla presa di potere dei ratti di fogna capeggiati dal Grande Topo… I felini sono costretti alla fuga, mentre tra questi si distingue Zorba un grosso gatto dal mantello nero e lucente. Per Zorba le avventure non sono finite, poiché il giorno seguente conosce Kengah, una giovane gabbiana ferita in seguito a uno sversamento di petrolio in mare; la gabbianella ha in grembo un uovo, è esausta e sentendo prossima la fine chiede a Zorba di mantenere fede a tre promesse: non potrà mangiare l’uovo, dovrà seguirne la schiusa e, soprattutto, insegnare al nascituro a volare!
L’ardimentoso micio è commosso e nonostante la difficoltà del compito di cui è stato investito si prodiga addirittura per “covare” l’uovo e per crescere il piccolo gabbiano (una femminuccia) che nascerà. I grattacapi saranno molti, come ad esempio cercare di contenere le crisi d’identità della piccola gabbianella Fifì, ma l’aiuto dei compagni felini si dimostrerà fondamentale per infondere il coraggio necessario ad affrontare la vita.
La delicata fiaba di Luis Sepùlveda è ancora oggi considerata un classico per le scuole, per i bambini e per chi ha qualche primavera in più.