(Fabrizio Dassano)
Visibile dall’ 11 dicembre scorso e fino al 27 marzo del prossimo anno al Museo Garda di Ivrea la mostra “Olivetti e l’arte: Jean Michel Folon”, seconda delle sei mostre previste del ciclo “Olivetti e la cultura nell’impresa responsabile”. Sono mostre ideate per la valorizzazione del patrimonio storico – artistico che fu dell’Olivetti e oggi di proprietà Telecom Italia Mobile. La mostra risulta gradevole e l’allestimento è particolarmente curato, come è molto immersiva la continua penombra diffusa rotta dalla retroilluminazione delle opere che cattura lo spettatore e lo accompagna più vicino, a concentrarsi sull’opera che in quel momento, diventa come un faro nell’oscurità. Soprattuto esalta i colori di Folon, gli aquerelli e l’ideazione della tavola nella sua efficacia e nella sua gradevolezza.
A Ivrea il discorso artistico di Folon tra i primi anni ‘60 e i primi ‘70 ricade inevitabilmente sul grande Giorgio Soavi, scrittore, poeta e giornalista, autore di saggi e di romanzi come “Un banco di nebbia”, “Gli amici malati di nervi” del 1953 che affresca una generazione d’intellettuali che si sentono estranei ai fermenti postbellici, insoddisfatti nell’intimo e che avvertono come inutile l’impegno artistico sul quale hanno posto le loro ambizioni. e inutili speranze. Soavi divenne amico di Alberto Giacometti a cui dedicò una monografia per la mostra milanese del 2000. Le raccolte di poesie “La moglie che dorme” del 1963 e “Poesie per noi due” del 1972 vennero illustrate da Renato Guttuso. Agli inizi degli anni Cinquanta Soavi fu chiamato assieme ad altri intellettuali dall’industriale Adriano Olivetti a lavorare per la sua azienda alla rivista “Comunità”.
Soavi commissionò per Olivetti straordinarie opere d’arte: da Mino Maccari a Morlotti, Cassinari, Viviani, Sutherland, Delvaux e appunto Folon. Si sposò con la figlia di Adriano Olivetti, Lidia dalla quale ebbe due figli. Fu con il romanzo “Il conte” finalista del premio Campiello nel 1983 e con la sua biografia su Adriano Olivetti, “Una sorpresa italiana”, si aggiudicò il premio “Biella Letteratura e Industria” nel 2002.
Nella mostra infatti una sezione documentale di lettere, un piccolo carteggio, testimonia il lavoro di Soavi per avere Folon alla Olivetti e i pagamenti per la realizzazione di manifesti ove la comunicazione è affidata a pochi elementi essenziali dal peso iconico enorme. Segni che si rincorrono e indirizzano il guardante verso itinerari dell’anima che osserva la tecnologia. Ogni anno l’azienda utilizzava giovani artisti per i propri gadget d’arte e per vere e proprie pubblicazioni come le agende, promuovendo anche altre iniziative editoriali o organizzandogli mostre nelle più importanti città del mondo. Efficace anche l’allestimento per le tavole del libro illustrato “Le Message” del 1967 dove una trentina di illustrazioni raccontano la storia dell’omino qualunque, anonimo, moderno “monsù Travet” il quale entra in una grande stanza arredata con una gigantesca macchina per scrivere.
Nella mostra si vedono gli acquarelli di Folon creati appositamente per illustrare la prima delle 30 agende Olivetti nata appunto nel 1969, che con la grafica costante di Enzo Mari accoglievano le opere di diversi giovani artisti. Nel corridoio della mostra è ospitata la riproduzione della parete decorata realizzata da Folon per la stazione di Waterloo della metropolitana di Londra nel 1975. Le mostre monografiche che Olivetti organizzò su Folon, ultima delle quali al Metropolitan di New York nel 1990, sono narrate nella sezione successiva e molto interessanti e affascinanti sono i due libri strenna illustrati da Folon e prodotti dalla Olivetti. Ne “La Metamorfosi” di Kafka, pubblicato nel 1973 Folon accentua lo sfortunato caso di Gregor Samsa che si sveglia una mattina a casa dei genitori trasformato in insetto. Qui Folon coglie l’uomo in tutte le variabili della metamorfosi con gli arti moltiplicati in uno sgraziato millepiedi che annaspa nel mondo contemporaneo, leggendo un giornale gigantesco o pedalando un tandem infinito.
Notevoli le illustrazioni per le “Cronache marziane”, di Ray Bradbury del 1979, di cui Folon ne interpreta magistralmente il pensiero, l’essenza dei 28 geniali racconti di fantascienza legati fra di loro dal tema comune dell’esplorazione e della colonizzazione di Marte. La pubblicazione originale risale al 1950 e conferisce a Bradbury fama internazionale. Assieme al successivo romanzo “Fahrenheit 451”, le “Cronache” sono considerate il capolavoro di Bradbury. L’ambientazione dei racconti non è puramente fantascientifica. Anzi, il disinteresse di Bradbury nei confronti della scienza traspare nella scelta delle caratteristiche dei marziani, legate a un ragionamento più fantasioso che logico, e alla mancanza di dettagli nella descrizione di mezzi di trasporto o strumenti avveniristici utilizzati dai personaggi.
Un carattere che si sposa perfettamente con le illustrazioni di Folon nell’allestimento eporediese. Jean-Michel Folon nacque il 1° marzo 1934 a Uccle, nei pressi di Bruxelles in Belgio. Studiò architettura presso la scuola d’arte fondata dai Fratelli delle Scuole Cristiane L’Institut Saint-Luc, che divenne famosa per essere stata la prima scuola a laureare studenti in Comics con i docenti Eddy Paape e Hergè. Folon nella propria esistenza divenne artista, illustratore, pittore e scultore. La prima mostra dei suoi acquerelli si tenne a New York nel 1969 alla Lefebre Gallery. Poi espose a Tokyo e Milano. Partecipò alla XXV Biennale di Venezia . Nel 1973 entrò a far parte della selezione degli artisti belgi della XXV Biennale di San Paolo, dove ottenne il Gran Premio di Pittura.
Diverse le sue tecniche sviluppate, tra cui acquarello, acquaforte, serigrafia, illustrazioni, mosaici e vetrate, che hanno mostrato la diversità della sua arte e la molteplicità dei supporti usati. La sua opera “Ein Baum stirbt – Un albero muore”, del 1974 è esposto al Museo Cantonale d’Arte di Lugano . Ha anche disegnato numerosi poster, spesso per cause umanitarie. Intorno al 1988 realizza le sue prime sculture in legno. Passa poi alla realizzazione di sculture in argilla, gesso, bronzo e marmo, continuando a dipingere.
Diversi musei gli hanno dedicato mostre a: Parigi, Rotterdam, Londra, Antibes, Buenos Aires, Venezia, Tokyo, New York, Barcel-lona, Losanna, Bologna e Saint-Paul de Vence. Nel 2001 la città di Lisbona ha tenuto una grande retrospettiva delle sue sculture nel Castelo de São Jorge. Nel 2003 ha creato i disegni per “La Bohème”, il capolavoro di Puccini scritto da Giacosa e Illica, per il Festival Puccini in Italia con la regia di Maurizio Scaparro. Il presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac, gli ha conferito la Legione d’Onore all’Eliseo. Nel 2004 è diventato ambasciatore dell’Unicef e nel 2005 la città di Firenze ha organizzato una grande retrospettiva della sua opera a Palazzo Vecchio e al Forte di Belvedere. Lunga la lista degli scrittori a cui ha illustrato le loro opere: Franz Kafka , Ray Bradbury , Jorge Luis Borges , Guillaume Apollinaire , Jacques Prévert , Boris Vian , Guy de Mau-passant , Albert Camus , Herbert George Wells e Jean de La Fontaine. Non ha mai veramente cambiato il suo stile, il cui emblema più famoso è l'”uomo-uccello”.
A Giorgio Soavi il merito di aver per primo creduto in lui e avergli pubblicato i primi manifesti, disegnati per l’Olivetti a Milano. Così Folon scrisse di lui: “Come ha fatto per molti artisti, anche Soavi mi ha suggerito di inventare cose per me fuori dal comune. Questo atteggiamento mi ha ha creato intorno a sé un così fertile spirito di invenzione che viene da chiedersi se non sia lui il vero autore delle opere che ha così incoraggiato”.
Soavi è stato anche in gran parte responsabile del libro del 1975 Lettres a Giorgio , che riproduce 40 buste, ciascuna un acquarello originale indirizzato a Soavi. Indimenticabile lo spot realizzato per la SNAM sul metano (oggi ancora visibile su Youtube all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=E26rtfrN1nw in cui sono animati i suoi disegni.
Jean-Michel Folon morì a Monaco il 20 ottobre 2005, all’età di 71 anni ed è sepolto nel cimitero di quella città.