Sulla politica italiana, impegnata nella guerra degli emendamenti alla legge di bilancio, è piombata da Bruxelles la questione morale: la magistratura belga ipotizza un baratto immondo (tangenti contro diritti) che ha portato agli arresti la vice-presidente greca dell’Europarlamento Eva Kaili, socialista, e l’ex eurodeputato Antonio Panzeri, prima Pd poi Articolo uno, ritenuto la mente dell’operazione. La vicenda, che ruota tutta all’interno del PSOE, sarebbe consistita nella difesa politica del Qatar in cambio di ricche tangenti (fiumi di denaro sono stati sequestrati nelle abitazioni degli inquisiti).

La presidente dell’Europarlamento, la maltese Roberta Metsola, ha parlato giustamente di attacco alla democrazia, la Von der Leyern ha annunciato nuovi strumenti di controllo.
I media italiani vicini alla sinistra chiedono al Pd una posizione più coraggiosa di denuncia aperta della corruzione; anzi si propone che la questione morale diventi uno dei temi caldi delle prossime primarie; altre fonti rimettono in discussione la scelta della segreteria Renzi di adesione al PSOE nel 2015, in contrasto con le diverse decisioni dell’assemblea di scioglimento della Margherita nel 2007.

La questione morale dev’essere alla base di ogni scelta politica e quindi riguarda tutte le formazioni, sinistra, centro, destra, senza esclusioni. È anche vero, come ha detto il ministro Tajani, che gli errori dei singoli non toccano le istituzioni. Una ragione in più per attuare la massima trasparenza nella denuncia dei meccanismi corruttivi.

Altro tema di attualità è il ritorno al voto (12-13 febbraio) in Lombardia e Lazio per il rinnovo dei Consigli regionali. Si procede in ordine sparso.

A Roma il centro-destra ha assegnato la candidatura alla presidenza a Fratelli d’Italia, ma il partito della Meloni è incerto tra un tecnico o un politico, dopo la sconfitta alle Comunali del tecnico Richetti. Nel centro-sinistra va nuovamente in scena il no di Conte al Pd sulla candidatura dell’assessore D’Amato; i Grillini correranno da soli (con Fratojanni) sull’ipotesi delle giornaliste tv Berlinguer o Costamagna. I Verdi restano con Letta. Due schieramenti destinati a favorire, come alle politiche, l’unità del centro-destra.

Scenario diverso sotto la Madonnina. I Pentastellati, segnati il 25 settembre da un voto modesto, vanno verso un accordo con il Pd, con la candidatura alla presidenza dell’eurodeputato dem Majorino; il centro-destra ricandida il Governatore Fontana, leghista. La maggioranza uscente è tuttavia indebolita da due abbandoni: la scissione di tre consiglieri leghisti legati a Bossi e, soprattutto, l’uscita dalla Giunta della vice-presidente Letizia Moratti, che si candida alla guida del Pirellone su una posizione centrista, sostenuta da Azione-Italia Viva e da vasti settori della società civile, tra cui il professor Stefano Zamagni, autorevole esponente del filone cattolico-sociale.

La Moratti ha proposto un’alleanza al Pd, seccamente respinta da Enrico Letta, nonostante il sì dell’onorevole Cottarelli. Come per le politiche, non sempre è chiara nel segretario Pd la distinzione tra strategia e tattica: strinse un’intesa con Sinistra Italiana-Verdi nonostante la loro opposizione al governo Draghi; e ora sull’Ucraina, sull’invio di armi, Pd e Sinistra sono su due fronti opposti.

Il voto regionale avverrà una settimana prima dei gazebo dem per il nuovo segretario e potrebbe condizionarne l’esito; nel centro-destra è soprattutto in discussione la tenuta di Salvini e Berlusconi in terra lombarda, ovvero in casa; sarà anche una prima prova per il Governo dopo una legge di bilancio molto discussa e cambiata, con i tre partiti (FdI, Lega, Fi) in concorrenza nelle proposte. La Meloni persiste nella strategia dell’asso-pigliatutto: ora sui migranti sembra scegliere la linea Salvini per assorbire altri consensi leghisti. Ma l’opinione pubblica, secondo i sondaggi, sembra poco propensa a una linea di rottura con il dovere della solidarietà, che non può valere soltanto per gli ucraini.

Anche la nuova linea iper-garantista del ministro della Giustizia Nordio, con forti limiti alle intercettazioni, suscita diffuse perplessità perché rischia di ostacolare l’azione degli inquirenti. In tempi di diffusa corruzione (Bruxelles docet) non appare opportuno limitare le risorse delle Procure nella lotta alla malavita.