“E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo”. Ogni mattina la Chiesa recita in tutto il mondo e in tutte le lingue il “Benedictus”, il cantico di Zaccaria, padre di Giovanni detto il Battista, cugino di Gesù. È il cantico della promessa, proprio come il “Magnificat” al vespero è il canto del ringraziamento e della gioia e il “Nunc dimittis” alla sera è l’espressione dell’aspirazione al Paradiso ora che si è compiuta definitivamente l’opera di Dio.

Martino la vigilia di Natale compirà 2 mesi. Appena nato è stato trasferito in terapia intensiva. Il suo piccolo cuore era ancor più piccolo del normale: anzi, ne mancava una parte. Eppure, alla nascita, ha respirato e in terza giornata è stato sottoposto ad una operazione ardita, difficile e pericolosa. Ma grazie alla perizia dei medici e alla bontà di Dio, dopo 51 giorni di ospedale è tornato a casa, per conoscere i suoi fratellini, Gioele e Giacomo: papà e mamma erano già andati in ospedale a trovarlo, in quella sala di terapia intensiva sempre illuminata, tra i suoni dei monitor e i pianti dei piccoli ospiti.

La sua fragile esistenza è profezia della potenza di Dio, da cui dipendiamo totalmente ed in ogni istante: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo,/ prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato;/ ti ho stabilito profeta delle nazioni”.

Eppure, come nei tempi antichi, la profezia non si compie da sola. Zaccaria rimase muto perché dubitò di fronte alla imponenza e straordinarietà dell’annuncio dell’angelo. Così senza l’accettazione e la partecipazione dei genitori, la profezia di Martino rimarrebbe muta. A noi, uomini moderni, è possibile impedire che con la bocca dei bimbi e dei lattanti si affermi la potenza di Dio.

Maria e Marco, accogliendo Martino e rivoluzionando completamente la loro vita, quella dei figli piccoli e di tutta la famiglia allargata e degli amici, per mettersi al servizio del neonato, diventano protagonisti della profezia che testimonia il valore inestimabile ed unico di ogni vita, perché essa è puro dono.

Così, il piccolo Martino e i suoi genitori ci aiutano ad adorare, come gli angeli e i pastori, il Bambino Gesù, che nasce a Natale, ed è posto nella mangiatoia tra asino e bue, con Maria, sua madre e Giuseppe suo padre putativo.

“Il Natale ha lo stesso problema del Cristianesimo: diventa una noia quando smette di dare vita” (Alessandro D’Avenia)