Nelle elezioni del 2018 il centro-destra si presentò unito (Berlusconi, Meloni, Salvini), ma nel dopo-voto la Lega si sfilò, dando vita al Governo Conte-Salvini-Di Maio; oggi, in campagna elettorale, sta avvenendo un fenomeno analogo, come si è visto a Cernobbio, al forum del mondo economico e finanziario: il Segretario della Lega si è nettamente differenziato dalla leader “in pectore”, Giorgia Meloni, su temi essenziali di politica estera ed economica.

Salvini, da sempre vicino a Putin (al Parlamento europeo indossava le magliette con la sua immagine), ha proposto come l’ungherese Orban il blocco delle sanzioni a Mosca e la rinuncia al tetto europeo del prezzo del gas, esattamente come chiede il Cremlino, con una netta rottura della linea Mattarella-Draghi di pieno sostegno all’Ucraina; questa tesi, in contrasto radicale con Bruxelles, è stata respinta della Meloni che ha ribadito la solidarietà atlantica (“non saremo il punto debole dell’Europa”) e il forte dissenso dalle scelte di Putin.

Il conflitto Salvini-Meloni tocca la scelta centrale dell’Italia nei prossimi mesi ed è sotto la lente delle Cancellerie europee, in presenza di sondaggi che attribuiscono al centro-destra la maggioranza assoluta nel prossimo Parlamento; secondo alcuni media, il presidente dei Popolari europei, il tedesco Weber, ha proposto a Forza Italia un “cambio in corsa” di alleati, con Azione di Calenda al posto della Lega; peraltro lo stesso Calenda si è lasciato sfuggire un’affermazione impegnativa, proponendo un governo di unità nazionale, “anche con la Meloni”; il clima politico è così surriscaldato che l’ex premier Prodi, “padre” dell’Ulivo e sponsor di Letta, si è scagliato contro lo stesso Calenda, che non vedrebbe le conseguenze di una maggioranza assoluta della destra.
Altro tema tra FdI e Lega è costituito dallo scostamento di bilancio dello Stato: Salvini propone altri trenta miliardi, la Meloni è sulla linea Draghi, che teme riflessi sulla tenuta internazionale dei mercati, in presenza di un alto deficit pubblico.

Salvini e la Meloni, per tornare alla politica estera, si sono scontrati anche sull’immigrazione; qui è stata la leader di FdI a fare un passo indietro sulla proposta di blocco navale del Mediterraneo. Il Commissario Onu per i rifugiati, Grandi, ne ha sottolineato la illegittimità politica e giuridica, perché non si possono dividere i profughi in due categorie: gli Ucraini accolti, gli Afro-asiatici respinti. Sono tutte persone in fuga dalla guerra, dalla fame, dai soprusi di ogni genere; tra l’altro, nei primi sette mesi dell’anno, l’Italia ha accolto 140 mila Ucraini e 40 mila Afro-asiatici; ben più alta l’accoglienza in Germania, Francia, Spagna.

Alle radici politiche del dissenso Salvini-Meloni c’è soprattutto il quadro elettorale fornito dai sondaggi: i principali rilevatori attribuiscono a FdI il doppio dei voti della Lega, che sarebbe al 12-13%, molto lontana dal 34% delle Europee; nel Carroccio cresce il dissenso del Nord industriale, che non ha condiviso la caduta del Governo Draghi in una fase di grave crisi internazionale. Permane silenzioso il leader dei “governisti”, il ministro Giorgetti, mentre l’ala Bossi rivendica la linea della Lega del Nord. Su una linea di attesa i Forzisti di Berlusconi, che vedono, nel declino elettorale di Salvini, il tramonto del progetto di unione con la Lega.

I dissensi nel centro-destra non cambiano sinora i rapporti con il centro-sinistra “ristretto” di Letta, sempre sotto di una quindicina di punti, mentre i Grillini sono risaliti al 12-13% con la linea di opposizione impersonata dall’ex premier Conte, il più duro contro le scelte di Draghi (secondo la stampa estera il nuovo leader grillino ha avuto anche l’endorsement dell’ex presidente Usa Trump).

Nel Pd, accanto all’appoggio di Prodi, Letta è stato sostenuto dal ministro Franceschini che ha escluso ogni ipotesi di sostituzione, anche in caso di sconfitta. Il segretario insiste nella linea di radicale opposizione alla destra della Meloni, rilanciando i valori dell’antifascismo e della Costituzione repubblicana, critica Conte per la sua scelta di sinistra dopo il governo con la Lega, accusa di ambiguità i Centristi di Calenda e Renzi, anche per i rischi nei collegi uninominali della competizione a quattro, che favorisce il centro-destra.