Contro il Far West nella politica e nell’economia, contro l’unilateralismo e i nazionalismi che minano la fiducia della democrazia, il presidente Sergio Mattarella ha rilanciato la scelta dell’Europa, espressione di una civiltà che promuove i diritti umani, lo Stato di diritto, la democrazia, la pace. Con indiretti riferimenti a Trump e a Musk (“… i neo feudatari del Terzo millennio – novelli corsari –aspirano a signorie nella dimensione pubblica”), il Capo dello Stato ha chiesto a Bruxelles di rinnovarsi, di costituire un soggetto – non un oggetto – di politica internazionale, contro le oligarchie e autocrazie dell’Est e dell’Ovest.
Da Marsiglia Mattarella ha ricordato le vicende drammatiche del Novecento, con lo sbocco bellico dei nazionalismi, in particolare sottolineando il progetto di conquista e di dominio del Terzo Reich (con un paragone attuale con l’aggressione russa all’Ucraina). In concreto: più Europa, per non soccombere all’egemonia del “più forte”.
Di segno opposto il disegno del vice-premier Matteo Salvini che a Madrid, alla riunione dell’estrema destra, ha sferrato un duro attacco all’Esecutivo von der Leyen, chiedendo meno Europa e più nazionalismi, volando poi a Tel Aviv ad abbracciare Netanyahu (ricercato dalla Corte dell’Aja per crimini di guerra) e condividendo il disegno di Trump di acquisire Gaza “deportando” due milioni di palestinesi.
Forte il disagio generato dal leghista negli alleati Meloni e Tajani (l’Italia sostiene la linea di “due popoli, due stati”), ma l’imbarazzo non si è tradotto in atti pubblici per gli stretti rapporti della premier con il presidente americano. Legami così forti da determinare all’ONU, per la prima volta dal dopoguerra, l’isolamento di Roma rispetto alle scelte europee. Insieme all’ungherese Orban (ultra-nazionalista e filo-Putin), il Governo di Roma non ha aderito ad un documento, firmato da una settantina di Paesi, di critica alla Casa Bianca per la rottura con la CPI (la Corte Internazionale Penale europea). La stessa von der Leyen ha duramente criticato Trump, rendendo ancora più evidente l’isolamento europeo della Meloni, pur presente con un suo ministro nell’Esecutivo di Bruxelles.
Quirinale e Palazzo Chigi viaggiano insomma su due linee divergenti su un tema delicatissimo come la politica estera, con l’Italia “trumpiana” che sembra ignorare il disegno storico del Paese, “fondatore dell’Europa”. E problemi di collocazione internazionale sono emersi anche nell’opposizione: nei Pentastellati il quotidiano “amico”, “il Fatto”, ha criticato la scelta europea e occidentale di Mattarella, con una sostanziale difesa della Russia di Putin: sembra un ritorno al governo Conte-Salvini del 2018.
Altre questioni europee emergono per il Governo dell’affaire Almasri, il generale libico accusato dalla CPI di gravissimi reati (delitti, torture, stupri…), dapprima arrestato a Torino su mandato dell’Interpol, quindi rilasciato per il mancato intervento del ministro Nordio e riportato in Libia con un aereo dei servizi segreti. Ora la Corte Internazionale Penale ha aperto un’istruttoria sulla liberazione del generale, in particolare sulle scelte di Nordio (secondo l’ex presidente della Consulta, Flik, la conferma dell’arresto era un atto dovuto e necessario).
In un quadro europeo di tensione la vita politica rischia l’immobilismo, con una minore attenzione alla fase di stasi economica e sociale che attende il Paese. Il voto di sfiducia chiesto dalle opposizioni nei confronti dei ministri Santanchè e Nordio avviene con un Parlamento rassegnato ad un ruolo notarile, con poche presenze in aula.
Nel centro-sinistra continua l’iniziativa critica della componente riformista del Pd: il leader Bonaccini, ritenuto troppo “morbido” con la segretaria Schlein, è stato di fatto esautorato con la nomina a segretario-organizzatore della corrente dell’onorevole Alfieri. Emblematica del clima un’affermazione dell’eurodeputato Giorgio Gori: “Con questo Pd non si va oltre il 24%”.
Agitazione si segnala infine in diverse regioni sui disegni di legge sul fine-vita, dopo la sentenza della Consulta. La Toscana a guida Pd ha varato norme-pro-eutanasia, suscitando una vivace protesta, in difesa della vita, da parte del presidente dei Vescovi della Regione, il cardinal Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena. I recenti appelli sui temi etici dell’onorevole Rosy Bindi alla segreteria dem sono rimasti inascoltati. C’è fermento anche in Veneto, destra-centro, su sollecitazione del presidente leghista Zaia. Su un tema delicatissimo come il diritto della vita si rischia una legislazione a macchia di leopardo, ogni Regione per conto suo. Non è un bel risultato per le istituzioni democratiche.