(Filippo Ciantia)
Il cammino che ognuno di noi deve fare si chiama conversione. Ognuno ha la sua propria via di conversione, unica e inconfondibile.
Sant’Agostino visse tre grandi tappe di conversione.
La prima è la più famosa: è quando Agostino scoprì Gesù (il Verbo, la Verità fatta carne) e con Gesù, la chiesa. Poi, acclamato dal popolo, fu chiamato a servire come vescovo di Ippona, lasciando la vita del piccolo monastero con i suoi amici. Infine, maturò, la conversione descritta nelle “Ritrattazioni”, dove il grande vescovo rivede la sua esistenza ma anche le sue riflessioni e i suoi scritti, apportando molti cambiamenti: fu la conversione dell’umiltà, il sì più difficile.
Anche il mio caro e grande amico Enrico ha vissuto 3 passaggi fondamentali nella sua preziosa vita.
La prima avvenne quando, giovanissimo, incontrò Gioventù Studentesca. L’incontro con una comunità cristiana viva suscitò la passione di portare questa novità a tutto il mondo. Con l’amata Giovanna e altri amici, maturò la decisione di andare in missione. Medico chirurgo, partì per l’Uganda, dove sono nati due figli, in quattro anni avventurosi e ricchi che maturarono la consapevolezza che l’annuncio di Gesù è il bisogno vero del mondo: è il cambiamento del cuore dell’uomo che cambia la società e il mondo. Attraverso il suo entusiasmo, la sua solida e intelligente fede, guardando alla sua famiglia e a quelle dei suoi primi amici, anch’io e mia moglie Luciana fummo trascinati in questo cammino missionario
La seconda conversione sta tutta nella fedeltà, umile, bella e faticosa allo stesso tempo, a questa vocazione missionaria. Senza più responsabilità particolari, dedicò tutto se stesso, assieme a Giovanna ed ai più cari amici, alla cura dei giovani che scoprivano in sé il desiderio di portare nel mondo la bellezza e la carità di Cristo. Quanto tempo, quanta cura pacata e paziente! Quante persone ha incontrato, accompagnato, aiutato! Sia in un cammino di fede, sia attraverso la sua maestria di chirurgo.
La terza conversione è stata la completa consegna al Padre, nella identificazione con Gesù crocifisso, nella lunga e sofferta malattia. Questo terzo sì è stato il più drammatico, ma anche il più fecondo e necessario, perché si vedesse chiaramente a Chi Enrico ha dato tutta la vita. A Dio.