Domenica scorsa ho preso il treno per andare a Milano. Nel giorno dell’inaugurazione della temporanea riapertura del Castello di Ivrea, in piena contraddizione interiore, ho preso il treno a Santhià di buon mattino e sono andato a vedere il Castello Sforzesco. Prima però sono andato a Messa nella chiesa cattolica maronita di Santa Maria della Sanità, dove si è festeggiato Saint Charbel, il santo eremita libanese e, malgrado il gran caldo, la chiesa era gremitissima di fedeli libanesi e italiani.
All’uscita la calura dominava senza pietà una Milano deserta e disertata dai milanesi. Restavano pochi coraggiosi turisti e la compagine multietnica di quei lavoratori in riposo che si accontentano delle panchine.
L’unica possibilità di resistenza all’afa era quella di scendere sottoterra e abusare della metropolitana. Consultato il telefonino, vedo la scarsa affluenza di pubblico al Castello Sforzesco: è un attimo e sono lì. Riemerso dalle viscere della terra, vedo che sotto il sole implacabile ci sono masse di turisti: riconosco subito quelli cinesi, perché – come avevo visto come a Guangzhou l’anno scorso – si riparano dal sole con l’ombrello.
I volumi del castello sono enormi, anche i milioni di mattoni che lo compongono appaiono più grandi del solito. La mania di grandezza non molla: il cortile interno è vastissimo, le porte d’accesso gigantesche, le torri grossissime e spesse. Ho solo due inglesi davanti nella fila per la biglietteria che è situata nella prima enorme sala del percorso di visita, dominata dalla statua equestre di Bernabò Visconti, Signore di Milano. Faccio con un filo di preoccupazione il biglietto, ma almeno questo fortunatamente è di dimensioni normali.
Inizia una serie di sale enormi che racchiudono tesori della storia della città e molti souvenir francesi a testimonianza dell’amore per Milano di quei re. Tra questi colpisce per la sua bellezza il monumento funebre realizzato per Gaston de Foix, morto a 22 anni, comandante delle truppe francesi alla battaglia di Ravenna nel 1512.
Il monumento, voluto dal re di Francia Francesco I ma incompiuto per la cacciata dei francesi da Milano nel 1522 è diviso tra Milano, Torino e Londra. La cosa mi colpisce molto e gironzolo tra queste pietre scolpite dal Bambaia come per cercare di assemblare un vecchio puzzle.
Terminata la lunga e calda visita, guadagno la metro e la Stazione Centrale, enorme anch’essa. Il treno parte con un piccolo ritardo di 5 minuti. Lasciata la stazione, mi accorgo che in quella carrozza l’aria condizionata non funziona e il treno è ormai strapieno. Dopo un’ora e venti di sauna, approdo finalmente a casa.