Caro don,
una settimana fa hai fatto dichiarazione pubblica della tua missione definitiva, nella Chiesa e nel mondo, accompagnato da amici e dall’intera comunità. Apparentemente sei all’inizio: in realtà è stato un cammino speciale, per te e i tuoi compagni. Una strada particolare di questi tempi, quando, tra nichilismo e moralismo, non pare possibile un impegno per la vita intera, che duri per sempre. A te è affidata la stessa missione di Cristo e degli apostoli.

Le chiese sono ancora grandi, maestose, bellissime, monumentali; ma la Chiesa è diventata piccola. Anzi la gente grida che “abbiamo troppe chiese e troppe poche osterie”. Attorno e nelle nostre comunità “La terra desolata” e gli “Uomini vuoti”. Guerre, carestie, movimenti di popoli, epidemie, la “terra deserta, arida, senz’acqua”.

Il nemico assedia la Chiesa e l’esilio in terra straniera pare inevitabile: lontano da quello che professiamo e desideriamo, nella confusione che ci invade. Eppure, come Geremia (mentre l’esercito del re di Babilonia assediava Gerusalemme, rinchiuso in carcere, acquistava un campo), tu investi tutta la tua vita a servizio del popolo. La promessa è chiara e definitiva: verranno tempi, anzi già avviene, in cui “ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese”.

Un collettivo di giovani sceneggiatori ha scritto un libro, “Giugno”, che racconta la storia di una gang di giovani teppisti, in un “insolito quartiere alla periferia di Bergamo”. Il protagonista, Domenico, non è chiamato con il suo nome intero, ma solo Dome, con quella moda rivelatrice che “riduce”, insieme al nome, anche l’identità stessa della persona, resa corta, breve, adeguata ad una “veduta corta d’una spanna”. Improvvisamente Dome si trova di fronte alla decisione per la vita: continuare a vendere petardi e a fare il teppista, oppure tornare all’oratorio dove, costretto dalla madre, deve passare il mese di giugno, il più bello dell’anno?

I giovani hanno bisogno di qualcuno che li attragga; hanno bisogno che tu ci sia, pronto ad accoglierli, qualsiasi pasticcio combinino; hanno bisogno di qualcuno che ami la loro libertà.
Caro Don, offri loro Gesù, che attrae e attragga tutti a sé. Offri loro ciò “che fa ridere il tuo cuore”.

Anche oggi, attraverso di te, il Signore ci cerca tra la moltitudine: “C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici”?