(Filippo Ciantia)

Mia zia e mia mamma non mancavano mai alle celebrazioni della liberazione a Venegono, a Messa e al Campo delle Rimembranze.

Da alcuni anni zia Maria Pia partecipava da lontano: nella casa di riposo cercava di far memoria di quella data e del suo valore. Da quel giorno di 75 anni fa, finalmente, non doveva più prendere il treno, arrivare a Laveno, prima, poi con il traghetto a Intra e, infine, a piedi a Intragna, per portare qualche cosa al fratello Lino, combattente sulle montagne. Il 25 Aprile il ricordo doloroso dell’altro fratello Gianfranco, fucilato in montagna e sepolto con i suoi compagni di Resistenza, sembrava più lieve, perché la festa era anche sua. Poteva ricordare il papà, Matteo, eletto capo del Comitato di Liberazione del paese, guidare i primi passi liberi dei cittadini. Ma ricordava, dolente, che il papà morì pochi giorni dopo per “fuoco amico”.

Per la sorella, mia mamma Elvira, c’erano gli stessi acuti sentimenti che si trasformavano in fedeltà alle celebrazioni.

Per mamma, si aggiungeva il ricordo della liberazione dal campo di concentramento in Germania del suo sposo (e mio papà) Salvatore, per due anni prigioniero per la libertà, avendo detto di no alla repubblica di Salò. In quella data, con l’arrivo degli Alleati, poteva sperare di tornare veramente libero a casa. Papà non avrebbe però più trovato il fratello Carmelo, caduto in battaglia.
Per la nostra famiglia il 25 Aprile è una data importante, di memoria e di tenerezza per il bene fatto e ricevuto, per l’impegno profuso per il bene comune, su tanti fronti: sulle cattedre e i banchi di scuola, nell’amministrare e nel curare, nel crescere i figli ed educarli.

La zia Maria Pia è salita al cielo sabato 18 aprile. Se l’è portata via, come tanti dei nostri cari, una polmonite da Coronavirus. Ma, in qualche modo, ha voluto segnare il suo ultimo 25 Aprile, quando è stata cremata per concludere il suo viaggio, tornando al Padre e ai suoi familiari.

“Vivere una vita non è attraversare un campo” (Boris Pasternak, “Il dottor Zivago”): non può essere distrazione e noia. Occorre che il seme della libertà sia curato, che cresca e sia custodito.

“Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà. Camminiamo insieme perché l’avvenire appartiene in larga misura ancora a noi”.
(Aldo Moro)