Qualche settimana fa abbiamo assistito ad una inquietante regressione circa le definizioni delle persone con disabilità da parte di Javier Milei.

Il 14 gennaio scorso, il presidente argentino aveva fatto pubblicare una delibera in cui si riferiva alle persone con disabilità intellettiva tornando ad utilizzare termini come “idiota”, “imbecille” e “gravemente handicappato mentale”. L’Agenzia Nacional de Discapacidad, l’ente governativo argentino che si occupa delle persone con disabilità, ha in seguito dichiarato che si era trattato di un “errore” negando la volontà di discriminazione e facendo così marcia indietro, principalmente sotto la pressione delle associazioni argentine che lottano per i diritti delle persone con disabilità.

Tuttavia qualche riflessione in merito va fatta per rimanere vigili sulla difesa dei diritti di tutti, ancor più per chi presenta difficoltà, anche nei nostri Paesi, sia dal vivo che nel digitale.
Se il settimanale “Vita” sostiene che l’Italia ha gli anticorpi verso questo tipo di dichiarazioni, ci sembra tuttavia di notare qualche pressione verso un ritorno ad azioni atte a smantellare il movimento di coscienza e consapevolezza che ha portato, attraverso il lungo cammino dell’inclusione, il diritto per ogni individuo, sin dalla più tenera età, a vivere una vita piena e soddisfacente e a sostenere tutte le comunità in un cammino di accoglienza, protezione e di benessere diffuso.

Il cammino è ben lungi dall’essere completato e quando si parla di inclusione non si dovrebbe fare riferimento soltanto ai bambini nel contesto scolastico. Inclusione sono anche le comunità amiche della demenza, è l’abbattimento delle barriere architettoniche, il rispetto e senso civico, l’educazione e l’apertura verso l’altro. Quando si riflette in termini di inclusione, “l’altro“ è un concetto che riguarda ognuno di noi: ciascuno a suo modo potrebbe essere minoranza, potrebbe avere un bisogno speciale, la necessità di una cura e un’attenzione che non dovrebbe attendere iter burocratici particolari, ma trovare immediate risposte grazie ad un’organizzazione dello Stato e della comunità sensibile ed aperta alle sfide e alle richieste dei suoi cittadini.

L’Italia, è un paese che tende ad invecchiare sempre di più. Cosa accadrebbe, ad esempio, se tutte le persone sopra i 65 anni non potessero più accedere a servizi di cura perché troppo onerosi? O se le pensioni per chi non è più in grado di lavorare per motivi anagrafici venissero tagliate perché insostenibili? Quando si parla di discriminazioni non sono solo le persone con disabilità ad essere colpite, ma chiunque: per questo la difesa dei diritti di tutti deve vedere la grande unione delle popolazioni civili.