Nel clima incandescente di scontro frontale destra-sinistra, Governo-Magistratura, si rischia una scarsa attenzione alla realtà dei problemi, specie quelli gravi e complessi. Emblematica la questione dei migranti, dagli USA alla Germania passando per l’Italia: prevale la linea della strumentalizzazione, degli spot a fine elettorale, con scarsa considerazione alla dignità delle persone. Negli Stati Uniti il governo Trump ha pubblicato, con orgoglio, le foto dei migranti in catene (come se fossimo ritornati ai tempi della schiavitù); a Berlino lo scontro nella CDU tra la Merkel e il candidato cancelliere Merz sui rimpatri nascondeva il vero conflitto, ovvero l’apertura al filo-nazisti dell’AfD; a Roma le dispute sull’Albania e sulla Libia sono “infuocate” sul ruolo della Meloni (capo-popolo o Premier?).

La Chiesa, sopra i “poli” e i sondaggi (più o meno pilotati), in modo univoco da Papa Francesco alla Cei sino alla presidenza dei Vescovi americani, ha continuamente richiamato il potere politico al primato della vita, al dovere dell’accoglienza e della solidarietà, nello spirito autentico della Caritas. Un approccio diverso è sollecitato anche da una corretta valutazione del contesto economico e sociale, a cominciare dall’Italia. L’immigrazione non è in testa alle preoccupazioni degli italiani; anzi. Secondo la Confindustria è necessaria per colmare le lacune su determinati posti di lavoro, anche per compensare il forte calo demografico; l’integrazione è possibile, specie se si attuassero alcune riforme civili, come lo Jus scholae, mentre la costruzione di muri crea nuove occasioni di conflitti.

Nello specifico i centri in Albania, costosissimi, possono essere sostituiti da moderni centri di accoglienza sulla penisola; gli accordi con la Libia, risalenti al 2017 (all’epoca del ministro Minniti del centrosinistra), possono essere ridiscussi per ottenere condizioni degne delle persone, ponendo fine ai delitti e alle torture denunciate dalle ONG e certificate dalla Corte Internazionale dell’Aja.
Sul piano giuridico un illustre ex-magistrato come Antonio di Pietro, vicino all’area governativa, ha posto la questione essenziale: l’Italia, paese fondatore dell’Unione Europea, aderisce al Tribunale dell’Aja; come può rifiutarsi di eseguire le sue decisioni? Sull’Albania la sentenza definitiva sui Paesi idonei ai rimpatri è attesa per il 25 febbraio: perché non si è rispettata questa scadenza, evitando a 49 persone il ruolo di “pacchi postali” tra le due sponde del Mediterraneo? Sul generale libico Almasri, accusato di gravissimi reati dalla CPI Europea, perché tanta fretta di riportarlo a casa (accolto come un trionfatore)?

In entrambe le vicende il Governo ha accusato la Magistratura di scelte politiche avverse; ma i giudici italiani possono ignorare la legislazione dell’Unione Europea?
Divisiva anche la decisione della Procura di Roma di iscrivere nel registro degli indagati la premier Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi, il sottosegretario Mantovano per la “liberazione” di Almasri. Deciderà nel merito il Tribunale dei Ministri, mentre infuria la polemica politica: atto dovuto o voluto quello del procuratore Lo Voi?

I media intanto si dividono sulle motivazioni politiche delle scelte di Meloni: in prevalenza lo scontro sui migranti e sui magistrati si attribuisce ad un disegno “trumpiano”, anche per arginare la linea Salvini a favore dell’internazionale nera di Elon Musk; diversa l’analisi dell’editorialista de “La Stampa” Marcello Sorgi, che intravede la prospettiva di elezioni anticipate. In effetti il 2025 si presenta con un rallentamento dell’economia, vicino allo zero, con altre nubi minacciate dalla politica americana sui dazi. Sul piano politico inoltre la proposta Franceschini potrebbe cambiare il centro-sinistra: “marciando divisi per colpire uniti” il “campo largo” potrebbe impedire una maggioranza di centro-destra al Senato, riportando la scelta del premier nelle mani del Capo dello Stato. Elezioni anticipate bloccherebbero ogni novità, ma sarebbero in ogni caso una fuga in avanti, con un ulteriore sviluppo dello scontro politico, al limite delle crisi istituzionale.

Sarebbe preferibile la ripresa di un confronto costruttivo tra le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, come continua a chiedere il Presidente della Repubblica. In questo ambito la questione “migranti” andrebbe vista come una scelta di civiltà, laica e cristiana, mentre il dissidio Governo-Magistrati potrebbe essere sottoposto al vaglio del popolo, con il referendum nel merito della legge Nordio sulla riforma della Giustizia.