Sarà un evento molto speciale quello di domenica 31 luglio al santuario di Sant’Anna dei Meinardi a monte della frazione Fey di Locana.

Si tratta infatti del primo appuntamento al di fuori dei vincoli della pandemia davanti a uno dei santuari alpini più grandi e più antichi delle nostre montagne.

Soprattutto, si festeggiano 40 anni dal restauro, faticoso, ma riuscito, dell’antica Chiesa in pietra intonacata di bianco che domina una vallata scoscesa, dove un tempo le mucche si godevano la splendida erba di alpeggio.

Vuole la tradizione che sia stata proprio l’insistenza di una bambina, stanca di scendere per le funzioni religiose fino alla Borgata Fey per poi affrontare la dura salita del ritorno, a convincere i valligiani a edificare una chiesa intitolata alla patrona delle partorienti, l’anziana madre della Madonna, titolare di una devozione incondizionata e sincera da parte di tutta la popolazione, dai più umili ai più benestanti.

Costruita a tempo di record in neppure 2 anni, la Chiesa venne inaugurata nel settembre del 1878 e qualche anno dopo il suo campanile ebbe anche una grande campana, portata lungo i sentieri scoscesi da ben 50 giovani orgogliosi.

Colpita e danneggiata da una frana nel 1885, la chiesa venne nuovamente riaper[1]ta nel 1888 e proprio nel primo cen[1]tenario della ricostruzione vide una delle feste più intense e partecipate. Perché 10 anni prima, di fronte all’abbandono del luogo di culto inevitabilmente succeduto a quello delle case della Borgata (abbando[1]nate anche dalle ultime famiglie di allevatori nel 1971), un comitato inizialmente composto da sole cin[1]que persone decise di restituire al santuario il suo antico splendore.

Quello che colpisce è il lavoro con cui dal 1982 si è riusciti a riaprire questa chiesa almeno una volta l’anno, per celebrare una festa a cui hanno partecipato con entusiasmo i vescovi della diocesi: a partire da monsignor Luigi Bettazzi, al quale toccò di celebrare la prima Messa nell’edificio restaurato fra le montagne nel 1983.

Anche i suoi successori monsignor Arrigo Miglio e monsignor Edoardo Cerrato non hanno voluto mancare nel corso degli anni alle celebrazioni in onore della Santa Madre della Madonna: a piedi, oppure con il servizio di elicottero previsto appositamente per l’evento, tutti sono saliti almeno una volta a presiedere la celebrazione della Messa del mattino e poi canti e la processione le case abbandonate e le stradine strette della Borgata nel pomeriggio. Accanto al santuario è stata anche ricavata una casa del pellegrino, che spesso ospita incontri di preghiera e che entusiasma soprattutto i più giovani che salgono a cercare silenzio e spiritualità.

Ezio Tuberosa aveva soltanto 22 anni quando nel 1978 diede vita al primo nucleo dei volontari per ricostruire Sant’Anna, che arri[1]varono ad essere anche una trentina, alcuni dei quali purtroppo non ci sono più, come Sergio Leone, rivarolese di origine, ma fra i più assidui sostenitori dell’opera di ricostruzione tanto da far parte del primo iniziale comitato.

Il volontariato è lo strumento delle imprese più belle e quasi impossibili, il volontariato muove il sociale e lo sport, l’ambiente e la cultura” racconta oggi orgoglioso Ezio Tuberosa, che resta l’anima instancabile del gruppo di Sant’Anna e che ricorda sorridendo come un geometra di Locana abbia voluto fare una simulazione dei costi reali dell’opera di restauro, arrivando a calcolare almeno un milione di euro di sola manodopera.

Sarebbe stato impensabile riaprire il Santuario dovendo pagare il lavoro, trasportare i materiali, acquistarli a prezzi di mercato. Invece generose donazioni, ma soprattutto l’operoso, instancabile e silenzioso impegno di tanti hanno reso possibile questa operazione che trae origine da un’antica devozione tradizionale, ma che non può non commuovere anche gli spiriti più laici.

Domenica 31 luglio si festeggia anche tutto questo e non è certo poco, con il programma che trovate qui sotto, che affianca alla festa religiosa quella di montagna, con buon cibo genuino, tanta buona polenta e un brindisi a una bella scommessa vinta e che continua a dominare, come una grande preghiera in pietra bianca, una delle montagne più fiorite del Parco del Gran Paradiso.