(Mario Berardi)
È in atto un difficile dialogo a distanza tra Letta e Salvini per una convivenza pacifica e “armata” nel Governo Draghi e per la ricerca, difficile, di nuove strade in vista delle elezioni politiche del 2023 e dell’impegnativa scadenza dell’elezione del nuovo Capo dello Stato. La Lega e il Pd (i primi due partiti, secondo tutti i sondaggi) ambiscono a guidare le due coalizioni di centro-destra e centro-sinistra, ma devono “affrontare” due alleati-concorrenti di peso elettorale quasi eguale: Giorgia Meloni e Giuseppe Conte, decisi a far pesare il proprio sostegno, in particolare nell’ipotesi di un sistema elettorale prevalentemente maggioritario.
Matteo Salvini sta “mediando” nel Governo Draghi tra le due componenti del proprio partito, quella moderata del ministro Giorgetti e l’ala radicale ed euroscettica dell’onorevole Borghi (che ha tra l’altro proposto di votare contro le ultime misure dell’esecutivo sulle chiusure per pandemia). Rispondendo a Letta, in video-conferenza, Il leader leghista ha escluso una confluenza nel PPE della Merkel, confermando la scelta del blocco conservatore con Ungheria e Polonia (due Paesi sotto accusa nella UE per le leggi sulla libertà di stampa e la giustizia). In questo modo Salvini si mette in opposizione del governo di Bruxelles, in linea con la Meloni e in contrasto con Berlusconi: una posizione difficile per un candidato a Palazzo Chigi. In politica interna il segretario del Carroccio insiste nella “preclusione” allo straniero: proprio in questi giorni è intervenuto a Piacenza contro l’apertura della Moschea, scavalcando a destra l’assessore comunale di Fratelli d’Italia che aveva dato via libera al culto islamico.
Problemi diversi ma non meno impegnativi affannano Enrico Letta: “la Repubblica” li ha sintetizzati con un ampio saggio sul “partito incompiuto” (e già si ipotizza un prossimo cambio del nome). La prima difficoltà riguarda il rapporto con i Pentastellati, che divide il partito, soprattutto in periferia, con l’impossibilità di mettere insieme i Grillini e i piccoli gruppi centristi; in queste condizioni non sarebbe preferibile il ritorno al proporzionale, proposto da Zingaretti e sempre sostenuto dai Popolari di Bodrato, Castagnetti, Mattarella?
Sicura la collocazione europeista e atlantica, il Pd deve definire la sua piattaforma in politica economica: quali rapporti tra Stato e mercato nell’era della globalizzazione e quali misure concrete contro la dilagante crecita delle ingiustizie? Giusta la scelta di un nuovo ruolo dirigente delle donne (anche se la battaglia per le capogruppo al Senato e alla Camera ha fatto riemergere il peso eccessivo delle correnti), resta aperta la questione “dei diritti e dei doveri” (per dirla con Aldo Moro). Il Pd ha compiuto un atto politico rilevante con la legge sull’assegno unico dei figli (con una proposta del capogruppo uscente Delrio e del parlamentare torinese Stefano Lepri), ma restano ombre su un altro versante. Sul “Corriere della Sera” la critica ad alcuni settori (anche piemontesi) del Pd l’ha espressa oggi il segretario del Partito Comunista, il torinese Marco Rizzo: “…oggi esiste una sinistra che addirittura rivendica l’utero in affitto. Ciò va al di là di ogni diritto civile o naturale. Vale per la donna come per il nascituro, ridotto a un oggetto di catalogo. Se questa è sinistra, io non sono di sinistra”.
Nell’Agorà annunciata da Letta questi nodi programmatici dovranno essere sciolti, soprattutto pensando al 40% di elettori che oggi non si esprime o indica l’astensione.
Non meno facile è la scelta dei due partiti neo-centristi di Calenda e Renzi (insieme sono al 5%), orientati a presentarsi da soli, rischiando, con l’attuale maggioritario, una presenza marginale nelle Camere. Potrebbe infine riservare sorprese il prossimo manifesto programmatico del M5S a guida Conte: una forte scelta per la transizione ecologica, un’indicazione europeista e non più sovranista, un’apertura al ceto medio puntando a un’area trasversale, di centro-centro-sinistra; in altre parole un concorrente per Letta, Berlusconi, Renzi, Calenda.
Sotto l’ombrello protettivo del Governo Draghi, è auspicabile che i partiti scelgano la via costruttiva del ripensamento politico e programmatico, perché le elezioni sono sostanzialmente vicine e gli italiani non meritano valutazioni al buio o incentrate esclusivamente sulle persone.